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Seicento uomini per catturare Saddam
14.12.2003

Seicento uomini per catturare Saddam
Durante l'azione "Alba rossa" non è stato sparato nemmeno un colpo

«Un uomo stanco e rassegnato al suo destino»: così è apparso Saddam Hussein al generale Ricardo Sanchez, il capo delle forze americane in Iraq, che ha confermato che l'ex presidente iracheno non ha opposto resistenza ed è stato «collaborativo». Seicento uomini, tra soldati americani e peshmerga curdi, hanno partecipato alla cattura di Saddam Hussein nei dintorni di Tikrit, in un sorta di bunker camuffato. L'ex-raìs era steso all'interno di una buca che poteva contenere un solo uomo e fornita di un rudimentale impianto di ventilazione. «Non è stato sparato nemmeno un colpo» ha raccontato il generale Ricardo Sanchez, comandante delle forze di occupazione, nel corso della conferenza stampa in cui è stata ufficialmente annunciata la cattura dell'ex presidente iracheno.

«Ora Saddam è in arresto in una località sicura», ha proseguito, senza rivelare dove sia stato condotto l'ex raiìs. Saddam «è in buona salute, collabora e sta parlando» ha aggiunto Sanchez che ha mostrato un video in cui si vede Saddam con la barba lunga che viene sottoposto alle prime visite mediche. La cattura è avvenuta alle 20 e 30 (le 18 e 30) circa di ieri sera. Ora, ha proseguito, Sanchez, «andrà a giudizio in un processo che mi auguro sia interamente iracheno».
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Saddam, una vita di sangue

Dalle umili origini contadine alla guida dell'Iraq. Un potere conquistato sui morti e sul terrore

Saddam Hussein, ex presidente iracheno, nasce il 28 aprile del 1937 a Tikrit, città a maggioranza sunnita nell'Iraq del nord. Figlio di contadini di umili origini, il giovane Hussein frequenta le scuole superiori e ha qui i primi contatti con il partito Baath, al quale si iscrive. Nel 1962 inizia a frequentare l'università del Cairo, ma soltanto nel 1971, a 34 anni, si laurea in giurisprudenza a Bagdad. Nel 1958, dopo la caduta del regime monarchico nel Paese, Saddam diventa uno degli organizzatori del complotto contro l'allora primo ministro Abdel-Karim Qassem, che si conclude con l'uccisione di quest'ultimo. La cospirazione viene scoperta e per questo Saddam è costretto a lasciare il Paese.

Soltanto cinque anni dopo, nel 1963, il partito Baath riprende il controllo di Bagdad e il futuro rais fa ritorno nella capitale. Aumenta in quegli anni (dal 1963 al 1978) l'influenza e il ruolo di Saddam all'interno del partito e proprio in quel periodo il futuro rais sposa Sajida, una sua cugina dalla quale ha avuto cinque figli, due maschi e tre femmine. Nel giro di qualche mese il partito Baath è cacciato dalla capitale irachena e Saddam portato in prigione, dove rimarrà fino al 1968 quando i baathisti riprendono il potere a Bagdad. Una volta libero, diventa vicepresidente del Consiglio rivoluzionario. Nel 1976 si autonomina generale.

Da quel momento in poi, per 10 anni Saddam sarà una delle persone più vicine all'allora presidente Ahmed Hassan Bakr finché, il 16 luglio 1979, diventerà a sua volta presidente dopo il ritiro di Bakr dalla carica per motivi di salute. Dopo meno di un anno dalla sua nomina, il 22 settembre 1980, inizia la guerra tra Iran e Iraq. Il 17 e 18 marzo 1988 le truppe irachene bombardano la città curda di Halabja con armi chimiche (5mila morti). La guerra, che ha fatto 300mila morti dal lato iracheno, finirà il 20 agosto 1988 con l'entrata in vigore del cessate il fuoco con l'Iran. Il 2 agosto 1990 Saddam ordina all'esercito iracheno di invadere il Kuwait per impossessarsi del suo petrolio, dato che non è in grado di rimborsare le monarchie del Golfo che l'hanno sostenuto durante la guerra contro l'Iran. Il 17 gennaio 1991 le truppe americane intervengono contro l'Iraq con l'operazione "Tempesta del deserto" e il 27 febbraio 1991 viene liberato il Kuwait. Il 28, Saddam accetta il cessate il fuoco. Il presidente iracheno riconosce formalmente il Kuwait e le sue frontiere il 10 novembre 1994 e, circa un anno dopo, il 15 ottobre 1995, indice il primo referendum-plebiscito per la presidenza, nel quale ottiene il favore del 99,96% dei votanti.

Alla fine del 1997 riprendono forti le frizioni con gli Usa; il 13 novembre il governo iracheno impedisce infatti agli esperti americani di partecipare alle ispezioni volute dalle Nazioni Unite per verificare che le armi di distruzione di massa in possesso del regime fossero annientate, come da risoluzione Onu. Tutti gli americani che lavorano con l'Unscom vengono espulsi dal Paese. Gli Usa pazientano, ma circa un anno dopo, tra il 16 e il 19 dicembre 1998 lanciano un'offensiva: con l'operazione "Volpe del deserto" circa 500 missili sono lanciati sull'Iraq in tre notti. Le tensioni continuano ancora per anni e il 15 ottobre 2002, dopo il plebiscito del '95, tocca alle nuove elezioni farsa: Saddam è rieletto per sette anni con il 100% dei voti e il 100% della partecipazione. Il 7 dicembre 2002 il raìs presenta le sue scuse al popolo kuwaitiano per l'invasione dell'Emirato nel 1990. Il resto è storia recente.

Nell'estate 2002 gli Usa lanciano ripetuti allarmi sulla possibilità che Saddam possegga armi biochimiche. Usa e Gran Bretagna avvertono il mondo che esiste una minaccia imminente e chiedono l'adesione a una guerra preventiva. È subito divisione politica da oriente a occidente. In settembre Blair illustra un dossier dei servizi segreti secondo il quale il regime di Bagdad avrebbe armi chimiche e missili a lunga gittata per usarle. L'Iraq respinge le accuse e i controlli che non siano Onu e da ottobre a febbraio decine di ispettori capitanati dallo svedese Hans Blix sono in Iraq alla ricerca, vana, di armi di sterminio di massa. Il 17 marzo 2003 il presidente Bush intima l'ultimatum di 48 ore a Saddam Hussein perché vada in esilio. L'ultimatum viene respinto l'indomani.

Tre giorni dopo, il 20 marzo 2003, comincia l'operazione "Iraqui Freedom" la Guerra del Golfo II: le forze anglo-americane entrano in Iraq dal Kuwait. Il 9 aprile scorso Bagdad viene presa dagli americani mentre l'1° maggio inizia la fase di pacificazione "post conflitto". Vi partecipano 15 nazioni fra cui l'Italia, con un contingente militare di 3mila uomini dislocato nel sud dell'Iraq. Dal momento della caduta, il raìs si era fatto vivo solo con messaggi audio o con video dall'autenticità impossibile da verificare. Dove fosse, nessuno lo sapeva. Fino a oggi.

fonte: www.libero.it


 

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