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La lettera di Berlusconi e la valutazione di Di Pietro
1.05.2003

Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha inviato a Giuliano Ferrara, direttore de "Il Foglio", che la pubblicherà domani, una lettera relativa alla sentenza sul caso Imi-Sir/Lodo. Ecco il testo della lettera.

"Caro direttore, scrivo a lei perché il suo giornale è stato l'unico a ricordare i due giorni terribili della democrazia italiana, il 29 e il 30 aprile del 1993. Il 29 aprile di dieci anni fa un uomo di Stato inviso agli ex comunisti del Pds e al loro 'partito giudiziario', Bettino Craxi, fu sottoposto al voto segreto della Camera dei deputati. Bisognava decidere se la richiesta di indagare su di lui e di processarlo, da parte del notorio pool milanese, fosse o no viziata dal sospetto di persecuzione politica. Nella libertà della loro coscienza, dunque a voto segreto, i deputati dissero che quel sospetto c'era e che Craxi andava sottratto a un'azione giudiziaria non o nesta né imparziale.

Con procedura straordinaria ed emergenziale, per responsabilità politiche e istituzionali che sono ancor oggi sotto gli occhi di tutti coloro che non dimenticano le offese alle istituzioni democratiche, il voto segreto, da sempre l'ultimo scudo della libertà parlamentare nei voti su casi personali e di coscienza, fu abolito in pochi giorni. E fu incardinata con brutalità decisionale la riforma costituzionale che portò di lì a qualche mese all'abolizione dell'immunità parlamentare varata con la Costituzione repubblicana dai padri fondatori dell'Italia moderna. Il 30 aprile, esattamente dieci anni prima del giorno in cui le scrivo, fu aizzata dalla sinistra forcaiola, sotto la residenza privata di Craxi a Roma, una piazza urlante che, a colpi di insulti e monetine, rinverdì con altri mezzi il cupo ricordo di altri linciaggi.

Eugenio Scalfari, sul giornale dell'ingegner Carlo De Benedetti, scrisse il 30 aprile un articolo ispirato alla più devastante demagogia reazionaria, associandosi alla marmaglia e alle sue grida e lanciando la sua monetina: i parlamentari avrebbero dovuto secondo lui vergognarsi di quel voto libero e segreto, e un'opinione pubblica montata sugli scudi del gruppo editoriale debenedettiano e dei suoi amici avrebbe dovuto rovesciare quel voto per aprire a colpi d'ariete la porta alla reazione giustizialista, per distruggere la sovranità del Parlamento e instaurare la Repubblica delle procure.

Nei mesi successivi questo e non altro accadde in Italia, e solo la reazione democratica messa in campo dalla nascita di Forza Italia impedì provvisoriamente il trionfo della barbarie giustizialista, restituendo nell'anno del nostro primo governo di resistenza liberale la parola al popolo.

Le stesse forze procedettero poi al ribaltone, cacciando dal governo gli eletti del popolo, impedendo con alte complicità istituzionali che si tenessero nuove, libere elezioni, e instaurando per sei anni governi di minoranza, salvati da mille espedienti e inganni, contro i quali esercitammo come fu possibile la più ferma e leale delle opposizioni. E' da notare che il grilletto giudiziario del ribaltone fu un'inchiesta per tangenti dalla quale chi le scrive fu assolto per non aver commesso il fatto anni dopo. Ma fu uno scippo di sovranità senza riparazione, tanto è vero che alla prima occasione una maggioranza vera di italiani o nesti ci ridiede, nel maggio del 2001, quel che con questi metodi ci era e gli era stato rubato: una vera democrazia dell'alternanza.

Dieci anni dopo ci riprovano. La sentenza Previti, ancora sub judice per la mancata attesa della pronuncia della Corte di cassazione sulla ricusazione del collegio giudicante, è caduta esattamente nel decimo anniversario della giornata più nera della democrazia italiana. Il suo obiettivo non è fare giustizia, come dimostra tutto l'andamento del dibattimento e la violenza con cui è stata costruita la gogna per un deputato di Forza Italia, ma quella di colpire le forze che hanno avuto il mandato di governare e rinnovare l'Italia secondo principi di democrazia liberale corrosi in quegli anni di faziosità che tanti danni hanno fatto a questo nostro paese. Il nostro dovere è dunque quello di reagire, e di reagire per tempo.

Confermo, caro direttore. In una democrazia liberale i magistrati politicizzati non possono scegliersi, con una logica golpista, il governo che preferiscono. Questo diritto spetta agli elettori. E gli eletti devono essere in grado, secondo la lezione costituzionalistica del '48, di discernere tra le inchieste giudiziarie valide, che riguardano un deputato o un senatore alla stregua di qualsiasi altro cittadino, e quelle frutto di prevenzione, parzialità ideologico-politica e sospette di spirito persecutorio. Questo è il nostro caso, e se il caso è questo suonano ipocriti gli appelli ad abbassare i toni. Bisogna alzare il tono della nostra democrazia, bloccare il nuovo ordito a maglie larghe del giustizialismo e impedire che si consumi per la terza volta un furto di sovranità. Ripristinando subito le immunità violate, battendosi per la libertà e la decenza. Cordialmente. Silvio Berlusconi".

 

Il parere sulla lettera di Antonio Di Pietro

SOTTINTESA "DICHIARAZIONE DI COMPLICITA'" A PREVITI DA PARTE DI BERLUSCONI

È politicamente scorretto e moralmente indegno, per il ruolo che l'interessato ricopre, il comportamento del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi secondo cui, la sentenza di condanna di Cesare Previti e compagnia bella sia una "persecuzione politica". Di "politica" in questa vicenda (che riguarda invece una corruzione avvenuta a suo tempo fra giudici e imprenditori) c'è solo il fatto che alcuni di essi sono diventati poi Parlamentari, Ministri e Presidente del Consiglio.

Ancora più grave - e tale da mettere a rischio l'essenza stessa della democrazia - è l'altra affermazione di Berlusconi, secondo cui "a questo punto il problema dei giudici va risolto una volta per tutti". Chi riveste un ruolo istituzionale, specie di rango elevatissimo quale quello di Presidente del Consiglio, ha il dovere (morale, civile e politico) di rispettare le sentenze. Certo, può umanamente ed intimamente confidare nel ribaltamento in appello del verdetto, ma non può delegittimare un'altra istituzione dello Stato né può diffamare a ripetizione i giudici per il solo fatto che hanno condannato un suo amico e sodale.

Ed allora diciamola tutta: tanta solidarietà nei confronti di Previti da parte di Berlusconi in verità tradisce una sottintesa "dichiarazione di complicità".

Complicità nella materialità dei fatti giacchè - al di là della fortunosa prescrizione di cui Berlusconi ha goduto - è certo che (stando almeno all'ipotesi accusatoria prima e alla sentenza di primo grado ora) nelle tasche del giudice Squillante sono finiti centinaia di migliaia di dollari per il tramite dell'avv. Previti che provengono (documenti e bonifici bancari alla mano) dal comparto estero della Fininvest di cui il nostro Presidente del Consiglio era all'epoca il proprietario e dominus. Di più, egli era ed è anche il proprietario della Mondadori, società che ha potuto acquistare grazie proprio a quell'atto corruttivo.

Ciò premesso, l'affermazione di Berlusconi di voler ora e per sempre risolvere il "problema dei giudici" è una minaccia che risuona come un messaggio di stampo mafioso, intollerabile ed inaccettabile in uno stato di diritto e come tale bisogna denunciare per tempo prima che produca i suoi effetti.

Antonio Di Pietro (Presidente Italia dei Valori)

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