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Cari fratelli della rete, il vostro Cirano riprende la parola
19.12.2003

Cari fratelli della rete, il vostro Cirano riprende la parola perchè è successa una piccolissima cosa: il Presidente ha rimandato al mittente la Legge Gasparri, magari grazie anche alla cartolina mia e del mio amico Deo alla signora Franca (ricordate?), che con quella sua faccia da massaia sorridente e rassicurante dei tempi (purtroppo) andati mi mette sempre addosso una grande allegria.

Personalmente non avevo dubbi in proposito, ma vorrei rompervi ancora le scatole su questo argomento, riflettendo sulle reazioni di questi giorni alla decisione di Ciampi.

Quanti strepiti e piagnistei stiamo ascoltando (non solo dal centrodestra, e francamente questo non mi va proprio giù!) sul destino di Rete4 e dei suoi mille (alcuni dicono siano molto meno) dipendenti.

"Priviamo di una rete gli italiani", "mandiamo sul lastrico migliaia di famiglie", "si vuole imporre una televisione sovietica", e via discorrendo, anzi "cretinando".

In realtà non si priva di niente e non si manda sul lastrico un accidente di nessuno, per il semplice motivo che la concessione e relativa frequenza che Rete4 dovrà "abbandonare" è già da tempo assegnata, con regolare gara d'appalto confermata da mille procedimenti giudiziari a qualsiasi livello compresa la Corte Costituzionale, a Europa7, il cui titolare, quel Francesco di Stefano di cui si raccontava l'ultima volta, è già pronto a rilevare tutta la baracca, com'è, oltre al resto, suo diritto fare.

In questi giorni l'unico, che io sappia, a ricordare il diritto di Europa7 ad avere la concessione e la relativa frequenza detenuta illegalmente da Rete4, è stato Oscar Luigi Scalfaro. Dalle altre parti silenzio totale, anche da parte di quegli "ulivisti" che si stanno specializzando in "tricicli", "tandem", "risciò" ed altre bazzeccole cicloamatoriali.

Naturalmente non hanno fatto eccezione i vari telegiornali, i quali si affannano a spiegarci che sarebbe devastante per il mercato dell'informazione "l'uscita di scena" di Rete4, che però (piccolo particolare) non sarebbe un'uscita di scena ma un trasloco sul satellite, e cioè su quelle "nuove tecnologie" di cui i paladini della Legge Gasparri (compresa Mediaset) si dicono entusiasti sostenitori. Non sentite per caso una gran odore di bruciato?

E l'odore di bruciato diventa una puzza di un puzzo terrificante, quando capita di vedere lo spot pubblicitario del nuovo decoder multimediale che Mediaset ha cominciato a propinarci sulle sue reti due secondi dopo l'approvazione della Legge Gasparri (e qui i casi sono due: o il regista di quello spot è una specie di Mandrake della televisione, oppure tutta la scena, con la graziosissima moglie che cinguetta di meraviglia, era già belle che pronta da un bel pezzo; e poi dicono che il conflitto di interessi c'è solo nelle menti bacate di noi poveri "comunisti").

Ma c'è una cosa che mi ha stuzzicato; e cioè l'imposizione di una televisione sovietica da parte dei cattivi "statalisti" contro i buoni "liberisti"

E adesso mettetevi comodi perchè il vostro Cirano vi racconta una bella ed edificante storiella.

Qualcuno di voi si ricorda di una certa azienda che si chiamava AT&T? Non state a spremervi il cervello perchè ve lo ricordo io grazie ad un brillante editoriale di Federico Rampini su "Repubblica" di oggi.

Dunque: AT&T era l'azienda che deteneva il monopolio telefonico negli Stati Uniti d'America (e non nell'Unione Sovietica) fino all'inizio degli anni ottanta. Un bel giorno un giudice, Harold Green, decise di imporre anche nel campo della telefonia le regole sulla concorrenza, regole che oltraoceano valgono, mentre qui da noi ovviamente no, anche perchè chi le propone in nome di un occidentalissino (e non sovietico) antitrust, viene trattato come un cosacco che invade Piazza san Pietro.

E chi decise di applicare la sentenza del giudice Green? Lenin? Stalin? Mao? Ho Chi Min? O il povero Norman Thomas (se non ricordo male il nome), il mitico segretario dell'inesistente Partico Comunista Americano (che si chiamava però socialista, e che nel periodo di massimo fulgore, durante la Grande Depressione, raggiunse la ragguardevole cifra di ben 1.213 iscritti)? No! Fu niente di meno che il vecchio Ronnie "the sherif" Reagan, il campione dell'ultraliberismo, la cui foto suppongo campeggi in bella vista sul comodino del nostro miliardario ridens.

Ma lascio la parola, anzi la penna, a Federico Rampini.

"Protagonista dello smantellamento di un grande monopolio privato fu il presidente repubblicano Ronald Reagan, il padre della rivoluzione neoliberista. Nel 1981 il giudice Harold Green condannò in base alle leggi sulla concorrenza l'AT&T, monopolio dei telefoni. Reagan impugnò la sentenza del magistrato come una clava, imponendo lo "spezzatino" delle 18 aziende telefoniche Bell, le filiali del colosso Telecom. L'AT&T era la più grande azienda americana, con un valore di 53 miliardi di dollari. Era una potenza politica. Oppose resistenza a Reagan, preannunciò un disastro aziendale e licenziamenti di massa. Il presidente andò avanti in nome della legge e del mercato. Fu il più grande smembramento di un'impresa americana dopo l'offensiva antitrust contro la compagnia petrolifera Standard Oil nel 1911. Il decreto che segnava la fine dell'AT&T divenne operativo il primo gennaio 1984.

Vent'anni dopo possiamo misurare i benefici di quella decisione. Lo smembramento diede il via a una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche: dalla pluralità di attori e dalla concorrenza sono derivati il crollo delle tariffe, la nascita dei telefonini e di Internet. Le Telecom liberate dalla posizione dominante hanno generato milioni di nuovi posti di lavoro in America e nel mondo. La qualità dei servizi per i consumatori è aumentata, la nostra vita è stata cambiata dalle nuove tecnologie. L'offerta è aumentata, non diminuita, grazie alla fine del monopolio.

La vendita di Retequattro non sarebbe una rivoluzione di quella portata. Ma è ragionevole prevedere che quella cessione - se la rete finisse nelle mani di un concorrente vero - avrebbe effetti benefici sull'occupazione e sulla ricchezza di programmi offerti agli italiani. Il satellite non è il destino di Retequattro, se Mediaset non resta avvinghiata alla proprietà della rete. Gli interessi patrimoniali della famiglia Berlusconi, potrebbero essere tutelati attraverso un meccanismo di vendita trasparente, lasciando agire le forze del mercato. A vent'anni dallo smembramento dell'AT&T voluto da Reagan, perfino gli azionisti ci hanno guadagnato.

Alcuni "liberali" che difendono l'integrità dell'impero berlusconiano e la legge Gasparri, sostengono che la difesa del pluralismo è un’anomalia italiana. Pluralismo, secondo loro, è un eufemismo ipocrita che nasconde la consuetudine della lottizzazione. Il concetto di pluralismo non è italiano. Nella liberaldemocrazia americana è il fondamento stesso delle normative sull'informazione. Se il Primo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti offre la massima difesa alla libertà di stampa, tutta la legislazione successiva traduce e articola quella libertà costituzionale in precisi vincoli a tutela del pluralismo e della concorrenza nei mass media.

Nonostante il boom della cable-tv, del satellitare e del digitale - l'85% delle famiglie americane ha ormai accesso a un'offerta di 300 canali - resta tuttavia in vigore la regola fondamentale del pluralismo televisivo: devono sempre esistere almeno quattro network via etere indipendenti (Abc, Cbs, Nbc, Fox), cioè quattro poli facenti capo a proprietà diverse e concorrenti, con il divieto assoluto di fusioni, alleanze o accordi fra loro.

Ognuno di questi quattro network non può superare il 35% di copertura territoriale. La regola fondamentale dei quattro poli rivali non è mai stata messa in discussione neanche dall'Amministrazione Bush, che pure in altri campi sta cercando di rendere più flessibili le regole antitrust. Il telespettatore americano è il più viziato del mondo in termini di abbondanza nell'offerta di programmi. L'applicazione rigorosa delle leggi antitrust non ha impoverito nessuno: né i cittadini, né l'industria televisiva.

Negli Stati Uniti la difesa delle regole antimonopolistiche non è una prerogativa esclusiva della sinistra. C'è anzi un'antica tradizione della destra liberaldemocratica in questo campo. Fu Theodore Roosevelt, un presidente repubblicano, ad applicare per primo e con la massima forza la legge Sherman del 1890 per smantellare i monopoli. Più di un secolo fa maturò nella cultura politica americana un ampio consenso bi-partisan sul valore democratico della concorrenza: fu chiaro fin da allora che la concentrazione è il preludio a derive autoritarie. Concorrenza economica, pluralismo nei media: è in Unione Sovietica che questi termini erano impronunciabili, non in America."

Capito mi hai? "IL CONCETTO DI PLURALISMO NON E' ITALIANO" e "LA CONCENTRAZIONE E' IL PRELUDIO A DERIVE AUTORITARIE". E allora la domanda iniziale non può che avere una risposta: il vero "sovietico" in tutta questa faccenda è proprio il nostro berlusca, con buona pace dei proclami "liberali" suoi e dei suoi pretoriani d'assalto.

Ma la storia, che in un paese civile sarebbe già da tempo sepolta, o meglio non sarebbe neanche cominciata, da noi non è ancora finita.

Si parla di un decreto salva Rete4. E che questo decreto sia sostenuto dai "pretoriani d'assalto" passi, ma che lo sia anche da parecchi "cicloamatori" ulivisti che dispensano a destra e a manca lezioni di riformismo (e sarebbe meglio che ci andassero a lezione di riformismo), proprio non ci sta.

Questa però è (forse) un'altra storia che ci porterebbe lontano e che sfiderebbe oltre ogni ragionevole decenza la vostra pazienza. Magari se ne parla la prossima volta.

E' Natale, dobbiamo essere tutti più buoni ma il vostro Cirano invece è sempre più "arrabbiato". Ma non temete, è il momento del solito grido di battaglia: POSSONO FARE E DISFARE, DIRE E DISDIRE, ROMPERE O CORROMPERE MA LA PAROLA D'ORDINE E' SEMPRE LA STESSA: ORA E SEMPRE RESISTENZA.

Auguri fratelli

PS: almeno durante le feste spegnete la TV e abbandonatevi alla lettura di un buon libro, vi garantisco che ci guadagnerete tutti quanti in salute!

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