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La mafia c'è ,il governo no !!!
21.12.2003

La mafia c'è, il governo no
di Roberto Greco

A Taranto 54 imprese edili ispezionate, nessuna in regola: 277 ipotesi di reato, 54 persone denunciate e quattro cantieri sequestrati. In Sicilia 4.000 lavoratori censiti, 750 cantieri controllati, 81 reati individuati e 116 società sottoposte a procedimento penale per avere assunto “in nero” operai minorenni. Sempre nell’isola, il lavoro nero in edilizia tocca il 15 per cento, mentre in Calabria raggiunge il 40. Sono alcuni dati relativi alle ultime campagne sulla prevenzione e la sicurezza nei luoghi di lavoro, organizzate da carabinieri, ispettorati e ministero del Lavoro. Nel Mezzogiorno i rischi d’infiltrazioni criminali nel settore delle costruzioni sono sempre più elevati e riguardano tutte le opere pubbliche. “L’attività più incisiva della mafia – si legge in una relazione del procuratore di Palermo, Piero Grasso – si estende negli appalti, con una rigida divisione territoriale in zone d’influenza, che prevede come l’imprenditore che abbia vinto una gara si debba rivolgere al capomafia di zona. L’omesso versamento del “pizzo” comporta danneggiamenti e attentati, via via sempre più gravi”.

La Dia (Direzione investigativa antimafia) ha lanciato recentemente l’ennesimo allarme sulle infiltrazioni nelle grandi opere, pubbliche e private, dedicando un’attenzione particolare alla ’ndrangheta, più pericolosa perché meno visibile sul territorio, ma più strutturata e diffusa a livello nazionale e internazionale. Ma anche tutto il territorio pugliese sarebbe colpito da un sistema d’appalti perverso, che garantisce poco legalità e trasparenza: a Bari, in particolare, le mani dei clan sono concentrate sui grandi lavori pubblici locali: strade, ferrovie, opere idriche e palazzi comunali. E la camorra non sta certo a guardare: punta ad allargare il proprio campo d’interessi nelle zone dove ci sono o ci saranno a breve appalti importanti. In Campania, si legge in una relazione della Dia sulla criminalità organizzata riferita al primo semestre 2003, emerge che gli appetiti maggiori sono suscitati dalle aree dell’ex Italsider di Bagnoli e di Sarno.

Al tema della legalità negli appalti, gli edili della Cgil hanno dedicato nelle scorse settimane due convegni nazionali, in Puglia e in Sicilia. “La minaccia delle infiltrazioni malavitose – afferma Mauro Macchiesi, della segreteria nazionale Fillea – continua a rappresentare uno dei problemi maggiori per lo sviluppo del Sud e, in alcune realtà, costituisce un ulteriore ostacolo allo sviluppo infrastrutturale. È necessario costruire una rete di monitoraggio nelle realtà locali più interessate, in grado d’incrociare i dati sulle proprietà delle imprese, sui terreni, sui beni immobili, sotto il coordinamento dei prefetti, e occorre mettere in campo un lavoro efficace di prevenzione e di contrasto da parte dello Stato. Sono le uniche strade percorribili. Non possiamo accettare il principio secondo cui per realizzare un’opera nel Mezzogiorno si debba convivere con la mafia, né tantomeno che non si costruiscano le infrastrutture per evitare i rischi di infiltrazioni malavitose”.

Paradossalmente, a dare una mano alla criminalità organizzata, secondo la Fillea, sono proprio le nuove normative del governo sugli appalti, che sono state applicate destrutturando il vecchio sistema, senza prima verificare se le stesse fossero salutari per il settore, sotto il profilo della concorrenza, della trasparenza, della legalità e della qualità. “È del tutto evidente – osserva Domenico Stasi, segretario generale della Fillea pugliese – che queste nuove forme d’organizzazione dei lavori usufruiranno degli investimenti della criminalità organizzata. Il modello sarà quello di una serie di subaffidamenti a cascata, che renderanno il sistema più ramificato e, pertanto, più permeabile alle infiltrazioni”. Del resto, già da oggi, la maggior parte dei lavori pubblici in Puglia sono appetibili agli occhi delle imprese malavitose, soprattutto gli affidamenti relativi a noli, forniture e movimento terra, comparti fortemente esposti e poco controllabili. “È preoccupante – continua Stasi – come queste associazioni si siano organizzate e attrezzate con metodi nuovi e sistemi diversi rispetto al passato. Oggi non chiedono più il “pizzo”, ma lavori e, a copertura della tranquillità del cantiere, indicano all’impresa aggiudicataria dove acquistare le forniture e i materiali per la realizzazione dell’opera. Un fenomeno diffuso, che alla lunga metterà fuori dal mercato le imprese che rispettano leggi e norme contrattuali, in quanto non saranno più competitive”.

Secondo l’organizzazione degli edili della Cgil, per fronteggiare il malaffare occorre innanzitutto intervenire sul fronte legislativo. “Rafforzando – prosegue Stasi – la vecchia legge 109 sugli appalti pubblici, introducendo ulteriori strumenti che rafforzino e tutelino chi opera nella legalità e disciplinando le regole per l’appaltatore e il subappaltatore. Ma si potrebbe pensare anche ad applicare il dl 210/2002 (“Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e dei rapporti di lavoro a tempo parziale”, ndr) e gli accordi di legalità, già realizzati con il Comune di Napoli, le prefetture di Palermo e di Messina. È necessario che forze sociali, organi preposti alla sicurezza e istituzioni, che hanno compiti distinti, trovino un luogo d’incontro, monitoraggio e riflessione, in grado di facilitare le politiche e le azioni di contrasto. Il protocollo di legalità può e dev’essere quel luogo”. Punta il dito sulle responsabilità del governo regionale pugliese Franco Martini, segretario generale della Fillea nazionale: “La lotta per la legalità e la trasparenza negli appalti – sostiene – impone un processo di forte responsabilizzazione della pubblica amministrazione. Non è certo ciò di cui sta dando prova la giunta della Puglia, che non ha avviato il lavoro per l’approvazione della legge sugli appalti, come hanno già fatto gran parte delle regioni, anche quelle governate dal centro-destra. Questo è grave, perché rischia di vanificare il contributo che può dare uno strumento come il Durc (Documento unico regolarità contributiva, ndr), che troverebbe maggior efficacia se venisse assunto dalla legge tra i criteri per selezionare le imprese che partecipano alle gare d’appalto”.

Le cose non vanno certamente meglio sul fronte siciliano, dove emerge un fenomeno nuovo. Nei primi nove mesi di quest’anno, il numero dei bandi di gara per opere pubbliche è crollato, passando dai 1.073 dello stesso periodo del 2002 a 668 (pari a un calo del 35 per cento). Nel contempo, l’occupazione in edilizia ha subito nella regione una contrazione di 2.500 unità in tre anni. “Il calo dei bandi – rileva ancora Martini – è la conseguenza politica della contrapposizione operata dal governo tra mercato delle grandi opere e mercato ordinario. Per questo motivo, l’applicazione della legge regionale sugli appalti è importante, per offrire un quadro normativo valido in materia di legalità e trasparenza, in un momento in cui la legislazione nazionale fa un passo indietro al riguardo”. Ma quel che più preoccupa i sindacati in Sicilia è il continuo dilagare di corruzione, manipolazione nelle aggiudicazioni degli appalti e infiltrazioni a tappeto della mafia, la quale esercita un controllo asfissiante del territorio. Questo, denuncia la Fillea regionale, accade soprattutto nelle province di Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta e Catania. “Nella nostra regione – argomenta Enzo Campo, segretario generale della Fillea siciliana – non si muove una pietra se prima non si paga la tangente alla mafia, che acquisisce direttamente gli appalti, impone i subappalti, fornisce i mezzi per il movimento terra, gestisce discariche abusive, ordina dove comprare il calcestruzzo o il ferro, fino ad arrivare a imporre quote d’assunzione di manodopera quale strumento di consenso sociale”.

Un altro aspetto da tenere ben presente, secondo la Fillea, è il modo con cui vengono affidate le forniture dalla stazione appaltante, che da sempre è il nervo scoperto del sistema. Anche qui il sindacato non può fare a meno di prendersela con il governo, reo di non aver ancora messo a punto molti decreti attuativi della nuova legge sugli appalti. “La stazione unica appaltante – spiega Campo – è un argomento che sembra essere stato derubricato, quando invece la sua realizzazione farebbe da argine al malaffare”. La ricetta della Fillea siciliana prevede anche la stipula di protocolli di legalità con le amministrazioni per il monitoraggio congiunto delle attività produttive locali, al fine di controllare le fasi in cui si sviluppa l’appalto (programmazione, aggiornamenti annuali, fine lavori). Ma non meno necessari, secondo il sindacato di categoria, sono l’istituzione immediata, da parte del governo regionale, dell’ufficio unico per gli appalti e l’emanazione, sempre da parte della giunta, del decreto attuativo delle modalità di conferimento d’incarico di studio, progettazione e direzione del lavoro, come deterrente per gli illeciti che si possono perpetrare nell’ambito di una gara. Così come sarebbe indispensabile l’iscrizione preventiva a Inps, Inail e Casse edili per ogni impresa aggiudicatrice di una gara e i certificati liberatori dei tre enti consegnati all’ente pubblico appaltante, per dare una sterzata alla lotta contro il lavoro nero, oltre all’impiego di una task force per controllare i cantieri e fronteggiare con determinazione il lavoro irregolare.

“Non basta la sola azione di contrasto giudiziario per debellare la mafia – è l’opinione di Carmelo Diliberto, segretario generale della Cgil regionale –. Ci vuole una coralità di interventi, partendo dal basso. Bisogna trovare un luogo d’incontro con le forze sociali e le istituzioni, di monitoraggio e riflessione per facilitare le azioni comuni di confronto sui piani triennali delle opere pubbliche, sulla trasparenza durante gli appalti e sul controllo e il collaudo durante la realizzazione delle opere”. “La tutela dei diritti dei lavoratori nei cantieri – conclude Martini – potrebbe essere il bandolo della matassa contro il lavoro nero, ma decisivo potrebbe rivelarsi anche l’innalzamento del livello professionale in termini qualitativi del capitale umano, risorsa principale dell’imprenditoria”.

fonte: www.rassegna.it

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