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La legge Gasparri: ovvero Trattatello delle mele e delle uova
26.12.2003

Non so come il Presidente Ciampi abbia spiegato la legge Gasparri ai suoi nipotini.

Io l’ho fatto così, con parole semplici, perché almeno le nuove generazioni possano avere le idee chiare.

Dunque, ci sono 6 mele. La RAI ne mangia tre e Mediaset altre tre.

Alcuni, cui sarebbe piaciuto mangiare una mela, si sono rivolti ad un giudice (la Corte Costituzionale) che ha stabilito che non si possono mangiare più di due mele a testa. Ne sarebbero rimaste due. I mangiatori di mele allora hanno pensato di fare una legge, che dice così: le mele diventano 50; quindi possiamo continuare a mangiare le nostre tre senza togliere niente a nessuno, perché tutte le altre sono a disposizione. Dal 2008.

I miei nipotini hanno subito detto: ma non è la stessa cosa; è come se a chi ti chiede una mela tu gli dicessi di piantare un albero e di aspettare che faccia i frutti.

Loro l’hanno capito. Forse bisogna abbassare l’età per l’elettorato passivo.

Avendo trascorso la mia infanzia in campagna, ho proseguito con un altro esempio rurale e ho detto che c’era una certa saggezza (forse un po’ sparagnina e contadina) nel detto "meglio un uovo oggi che una gallina domani". Si privilegiavano così le piccole certezze sulle incerte chimere, la politica dei piccoli passi sulla ebbrezza del rischio.

Questione di scelte.

Tutti però, dai più prudenti ai più intraprendenti, converrebbero nel dire che è meglio un uovo oggi che un uovo (forse) domani. Perché ci sono situazioni in cui il possesso di un uovo ti consente di sopravvivere per il giorno successivo. La sua mancanza potrebbe far morire di inedia e l’indomani quello che ti verrà consegnato potrebbe essere un uovo alla memoria che, in tua assenza e con una lacrima di coccodrillo sul ciglio, si mangerebbe il padrone del pollaio.

I miei nipotini hanno detto: ma quel giudice, la Corte Costituzionale, non poteva volere questo.

Appunto.

Anonimo del Terzo Millennio

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