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Canzoni e futuro di Francesco Guccini da www.unita.it
2.05.2003

Mi pare il Primo Maggio più lungo della storiad’Italia, quello che stiamo vivendo ormaida molti mesi nel nostro sofferente paese.Pace, giustizia sociale, lavoro, libertà:provate a ricordare, provate ad andare indietronel tempo.
Vedrete da quanto tempo grandi masse di cittadiniscendono in strada per difendere dirittie princìpi che la Costituzione della nostraRepubblica afferma con forza inalterata.

Le stagioni si accavallano mentre milionidi esseri umani di ogni età scelgono di usciredi casa e di unirsi, di stare assieme, mentresi sostiene uno striscione, si canta in coro,si grida uno slogan.

Ma sì, c’è un po’ di retorica nel rileggerele immagini che ci hanno accompagnato daquando questa destra ha avviato la demolizionesistematica di questo Stato alterando ilrapporto tra i poteri della Repubblica.

 C’è retorica nel raccontare questalunga marcia che ha sostenuto ora la pace,ora la giustizia, ora il diritto al lavoro,ora e sempre la libertà. Ma è una retoricache non mistifica la realtà, non la esalta,non santifica il vittimismo. In fondo, c’èretorica anche in un bilancio, quando chifa di conto mette assieme dei dati realie li trasforma in un consuntivo, dando unsenso compiuto ad un elenco di cifre.

I fatti sono questi e non altri: non c’èpiazza che non si sia animata di gente edi buoni sentimenti nel corso dei mesi. Sianostate manifestazioni sindacali, girotondine,politiche, studentesche o pacifiste pococonta.

È scesa in campo una bella forza, grandee non aggressiva in difesa di ciò che appartieneanche a quell’Italia che oggi non s’accorgedi quanto sta perdendo. Questa destra mipare affetta da una sorta di luddismo antiistituzionale:non tratta, spacca, non riforma, distrugge,non valuta, annienta.

Brutta storia, non piacerebbe a mio padre- che non era un comunista - non piacerebbee non piace a tutta quella brava gente checon la Resistenza ci ha consegnato un’Italiafondata sulla libertà. Così, di piazza inpiazza, di mese in mese, la festa della liberazioneè entrata in quella dei lavoratori e viceversa,intrecciando mille volte le stesse anime,le stesse volontà, le stesse speranze.

La politica si sarà accorta che in quellepiazze, così come in Piazza San Giovannia Roma, si intona un vero, appassionato coro?Ma il coro non è uno strumento, lo sappiamo,il coro è un soggetto, un interprete chenella sua infinita complessità e diversitàintrinseca ha saputo fondare un’armonia.

Mi pare che i partiti della sinistra stentinoa riconoscere questa bella soggettività,il valore anche morale di questa armonia,il richiamo fondamentale del coro a ripescaretra i bisogni e i princìpi di milioni diesseri umani i motivi e i motori della politica.

Ma con un pizzico di umiltà in tasca si puòfare molta strada, l’umiltà offre l’intelligenzae il rispetto, il rispetto illumina la dignità,la dignità produce la forza. La forza delmovimento dei lavoratori è la sua cultura,la dignità della sua soggettività è il suolinguaggio. Il suo linguaggio deriva dallacapacità di stare assieme, di fare assieme,di fondare assieme i suoi valori.

Al sindacato che li rappresenta faccio imiei migliori auguri, alle centinaia di migliaiadi ragazzi e non solo che saranno domanisotto il palco di San Giovanni a Roma, ungrande abbraccio. Su quel palco non ci sarò,ma so che i Nomadi canteranno una mia vecchiacanzone con un titolo impegnativo: «Dio èmorto». Tranquilli, si fa per dire.

da www.unita.it

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