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Ma Tanzi paga perchè non è a palazzo Chigi?
11.01.2004

Ma Tanzi paga perché si volta pagina davvero o perché non è l'inquilino di palazzo Chigi?
Di Elio Veltri

La gravità del crack Parmalat è fuori discussione.

La tempestività dell’intervento della Sec americana la conferma, anche se le richieste al magistrato di new York, per ora, sono abbastanza moderate.

E’ interessante notare che nel documento ufficiale della Sec viene ricordato l’incontro di Tanzi con i finanzieri e gli advisor che avrebbero dovuto occuparsi della ristrutturazione del gruppo italiano . il 9 dicembre 2003 Calisto tanzi ha lascito di stucco i suoi interlocutori quando ha detto che i debiti ammontavano a dieci milioni di dollari.

A quel punto gli americani nell'incontro del giorno successivo, per soli tecnici, hanno chiesto che le cifre esposte in privato fossero rese pubbliche e avendo ricevuto un secco no hanno deciso di interrompere i rapporti con Parmalat.

Per evitare altri disastri di grandi gruppi, nei quali la proprietà è passata di mano con operazioni quantomeno discutibili e con il concorso dei governi di centrosinistra e di centrodestra, è necessario riflettere sui comportamenti delle forze politiche di maggioranza e di opposizione e sulle reali intenzioni di riformare le istituzioni di vigilanza della governanza del nostro capitalismo.

Il governo improvvisamente ha scoperto le regole, perfino quelle della repressione penale. I mandati di cattura, infatti, sono stati auspicati e bene accolti. Il governo, però, mentre si scopre paladino della legalità, pratica la strategia del silenzio sulle inadeguatezze dei controlli riguardanti il recente passato, ignora la catena di violazioni di cui è stato esso stesso responsabile, fa finta di non conoscere fatti gravissimi che condizionano l'economia del Paese, segnalate da istituzioni ufficiali e da istituti di ricerca autorevoli.

Mi riferisco alla falsificazione dei bilanci, alla costituzione di fondi neri, al riciclaggio di denaro, che hanno interessato anche le aziende del presidente del Consiglio, nei paradisi fiscali, curati con i condoni e con il rientro dei capitali illeciti: alle evasioni fiscali riguardanti il 98,40% delle prime 274 aziende del Paese, evidenziate dall'agenzia delle entrate; al rapporto Ocse sul lavoro sommerso valutato 400 miliardi di euro all'anno, pari al 28% della ricchezza del Paese; allo studio del Censis sul rapporto mafìa-economia nel Mezzogiorno, che secondo l'istituto di ricerca, costa a Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, due punti di prodotto interno lordo; allo studio dell'Eurispes sul rapporto mafia-politica e agli affari delle mafie valutate in 160mila miliardi di vecchie lire negli anni 1999-2002.

Per quanto riguarda i controlli pressoché inesistenti di Bankitalia e Consob e i comportamenti del sistema bancario sono necessarie riforme radicali.

Il potere antitrust e di vigilanza di Bankitalia sono incompatibili. La Consob non ha poteri incisivi, pertanto si limita a fare prediche. Il credito bancario ha funzionato per anni in base a criteri politici e il capo del governo lo sa bene.

A queste riforme deve aggiungersi anche quella della legge sul falso in bilancio. A tale proposito, gli esponenti della maggioranza si sono affrettati a dichiarare che la legge attuale con il caso Parmalat non c'entra nulla perché i falsi sono iniziati con la vecchia legge. Certo che non è stata la nuova legge a determinare la falsificazione dei bilanci di Parmalat. Mai in presenza di una rigorosa normativa funziona la deterrenza che oggi non esiste perché anche per una azienda quotata in Borsa, la pena di tre anni di carcere porta alla prescrizione automatica del reato ancora prima che inizi il processo di primo grado.

La nuova legge dovrebbe prevedere pene detentive pesanti, confisca dei beni, ritiro della licenza alle società di certificazione infedeli e pagamento dei relativi onorari prelevati da un fondo costituito ad hoc, chiusura degli sportelli nei paradisi fiscali. Essa dovrebbe includere anche il reato riguardante i conflitti di interesse, eliminando la distinzione tra aziende quotate e non quotate in Borsa, che spesso sono capofila, come nel caso di Fininvest.

Tanzi ha commesso reati gravissimi, in maniera sfacciata come sottolinea la Sec, e per questo è stato arrestato insieme ai collaboratori, nel silenzio compiaciuto dei garantisti della Casa delle libertà e nel silenzio imbarazzato del centrosinistra.

Ma Tanzi paga perché si volta pagina davvero o perché non è l'inquilino di palazzo Chigi? La domanda è d’obbligo perché finora i comportamenti del governo sono stati orientati m direzione del fai-da-te e della legalità.

In un libro dal titolo Saranno famosi? del giornalista Galdo di Panorama", dell’Utri, intervistato, afferma senza peli sulla lingua che Berlusconi è sceso in campo con un suo partito perché nel '94 la Fininvest aveva 5000 miliardi di debiti,l'amministratore delegato Tatò telefonava per portare i libri in tribunale e il Cavaliere rischiava la galera come Rizzoli.

Nel caso Parmalat, però, non convincono nemmeno i silenzi e le omissioni di molti esponenti del centrosinistra. Tanzi è stato per anni fiore all'occhiello della Dc di De Mita e successivamente del centrosinistra e ci si chiede perché nessuno

di quelli che lo frequentavano e ostentavano amicizia con lui, si è mai accorto che il latte di Parmalat puzzava di marcio e di truffa. E poi, governi e maggioranza, nella scorsa legislatura, non hanno prestato sufficiente attenzione alle proposte di riforma dei sistemi di vigilanza di Bankitalia, della Consob, delle aziende non quotate in Borsa, nonostante fossero state presentate e sollecitate. Ancora una volta, prima, della politica, sono arrivati i magistrati che hanno fatto il loro dovere, senza guardare in faccia nessuno.

Nemmeno a Parma.

Infine: è stato scritto da alcuni commentatori che di fronte a un analogo crack Fininvest ben altri sarebbero stati i comportamenti del centrosinistra. Concordo, ma con una precisazione. Il crack Fininvest appartiene alle ipotetiche di terzo grado, cioè, irrealizzabili perché da quando è nata l'azienda, non a caso non quotata in Borsa ancora oggi, ha fatto parte del circolo esclusivo delle aziende a elevata protezione politica.

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