Salviamo il patrimonio artstico, storico e culturale italiano
Con una serie di leggi, decreti e altri artifici lo Stato sta preparando il terreno per divorare se stesso svendendo il nostro patrimonio pubblico.
Dopo la patrimonio spa la infrastrutture spa la scip - che ha permesso di vendere immobili di interesse pubblico con procedura d’urgenza - arriva il decreto sul silenzio assenso.
La necessità di fare cassa mette in pericolo il nostro patrimonio artistico storico e culturale se, nel ridottissimo tempo di tre soli mesi, le soprintendenze non riusciranno a indicare per ogni bene il perché non è vendibile e a comunicarlo al ministero.
Se questo non avverrà , lo stato considererà il silenzio un assenso tacito alla vendita di qualunque bene non risulti espressamente salvaguardato dalle soprintendenze.
Ma sappiamo tutti in quale situazione si verranno a trovare le soprintendenze di fronte a un carico di lavoro così enorme e a tempi tanto ridotti.
Il patrimonio culturale italiano è diffuso capillarmente sul territorio e anche i "beni minori" sono ricchi della storia e della cultura che ci appartiene come popolo.
La distinzione tra beni "maggiori" e "minori" mina le basi della nostra tradizione e della nostra cultura.
La politica di decentramento che ha riportato opere anche molto importanti (come i Bronzi di Riace) nel luogo d’origine,per creare una rete diffusa di fruibilità , rischia seriamente con questa legge di trasformarsi in serio pericolo per un patrimonio che si intendeva destinato ad arricchire il nostro territorio e che non si intendeva certo sottrarre alla salvaguardia dello Stato e alla sua messa in valore per tutti i cittadini.
Ma il pericolo riguarda tutto il nostro patrimonio, dai palazzi storici a intere isole, parchi, coste che potranno essere oggetto di speculazioni private.
Cosa rimarrà ai nostri figli? Sicuramente non avranno più tutto quello che ci è stato tramandato e a cui avrebbero pieno diritto. Avranno in eredità invece una serie infinita di danni che rischiano, con la legislazione di questa maggioranza, di essere irreparabili.
Communitas 2002