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L'Europa dei cittadini
24.01.2004

«L’Europa ora la facciano i cittadini»
L’europarlamentare Sacconi auspica un movimento dal basso per superare i fallimenti dei governi nazionali.
Intervista di Osvaldo Sabato a Guido Sacconi.


Ogni qualvolta si parla di Europa, quando l’obiettivo di una vera unione pare a un passo, sembra, immancabilmente, di dover ricominciare ogni volta da capo. L’impressione che si ha nel Vecchio Continente è di una sorta di gioco dell’oca in cui a gettare i dadi sono solo i Capi di Stato e di governo, con l’opinione pubblica europea, che resta ai lati impotente rispetto a quanto accade nei palazzi di Bruxelles.

Né basta a quanto pare la semplice propaganda europeista per costringere la leadership europea a guardare di più agli interessi dell’Unione e meno a quelli di casa loro. Da quando - più o meno dal trattato di Maastricht nel 1992 - i cittadini europei hanno incominciato a capire, anche se in modo frammentario, quali siano le reali poste che la costruzione comunitaria mette in gioco, i termini della discussione non sono cambiati.
La domanda che è ancora senza una risposta è sempre la solita: quale progetto per l'Unione Europea? Quello che deve rispondere alle aspettative dei mercati o immaginare la Grande Europa come un concentrato di diritti e di cittadinanza per tutti, immigrati inclusi? Un passo decisivo in questa direzione poteva esserci con l’approvazione della prima Carta costituzionale europea preparata dalla Convenzione, guidata dall’ex presidente francese Valery Giscard d’Estaing, che ha visto in prima fila esponenti di primo piano dei governi europei, naufragata nelle settimane scorse.
Un epilogo che ha preoccupato e non solo l’europarlamentare diessino Guido Sacconi: «Siamo di fronte ad una vera e propria crisi politica questo è bene che si sappia - commenta - bisogna lanciare un allarme e reagire a questa crisi». Ancora una volta una spinta potrebbe arrivare dai cittadini. Potrebbe toccare a loro manifestare il dissenso sulle mancate scelte dei governanti europei.
«Il crocevia da attraversare è quello della Costituzione europea» dice Sacconi che pur non nascondendo le sue riserve sul progetto elaborato dalla Convenzione frutto di limiti negoziati e compromessi, sottolinea come sia sbagliato dire che la responsabilità sia stata solo di Berlusconi «diciamo, che non ha quella grandezza».

In realtà c’è stato il ruolo negativo dei due Paesi che hanno posto il veto, come Spagna e Polonia. Gli stessi, insieme all’Italia di Berlusconi, che ruppero l’Europa sulla guerra in Irak: «La stessa Gran Bretagna si è defilata e non vedeva di malocchio quanto si stava verificando» ricorda Sacconi. In generale mai come questa volta c’è stata una crisi generale dello spirito europeo. «Sono d’accordo, pensiamo alla Francia e alla Germania che poche settimane prima avevano messo in crisi il patto di stabilità che fra le altre cose proprio loro avevano contribuito a scrivere» afferma ancora Guido Sacconi. Anche se è molto riduttivo dire che il premier Silvio Berlusconi ha fatto la sua parte in negativo, nei sei mesi di presidenza italiana, è altrettanto vero che quanto combinato dal premier in Europa non è passato inosservato: «La sua presidenza è incominciata con gli insulti ed è finita con le buffonate – aggiunge Sacconi - Berlusconi ha avuto il coraggio di venire nel Parlamento Europeo e dire che aveva chiuso su tutti gli 82 punti che erano in discussione nella conferenza intergovernativa e di aver dovuto però prendere atto che sull’83°, quello riguardante il sistema di voto, non c’era possibilità di voto quindi era meglio sospendere tutto».

In realtà le cose non stavano proprio così. È risultato chiaro dopo le cose che aveva detto Prodi e molti altri deputati nel dibattito in aula che non c’era proprio accordo su niente e che tutto era in alto mare. Ecco perché a questo punto però non ci si può tirare indietro. «Nessuno a partire dalle forze politiche, nessuno fra i movimenti può continuare solo a disquisire - ribatte Sacconi - ora quel progetto che è a rischio deve diventare un punto di riferimento di chiha a cuore l’Europa come protagonista di un mondo diverso, come protagonista di pace e di esportatrice dell’idea dello Stato di diritto e dello sviluppo sostenibile». In poche parole: «Spetta ai cittadini europei impugnare questa battaglia - spiega Sacconi - mi riferisco alle forme di autorganizzazione, ai movimenti, alle organizzazioni sindacali e non solo a loro».

In questo quadro la Toscana potrebbe fare davvero la sua parte: «Secondo me è assolutamente decisivo» aggiunge ancora l’europarlamentare Sacconi che annuncia il lancio di un appello firmato insieme ad altri parlamentari socialisti francesi e che potrebbe essere lo spunto per avviare confronti e manifestazioni in Toscana. «Io mi sento di rilanciarlo alle leadership politiche e sindacali e a tutti i cittadini affinché parta dalla nostra regione una raccolta di qualche centinaia di migliaia di firme - dice Sacconi - da sbattere sul tavolo dei responsabili politici nazionale e dei massimi livelli istituzionali e naturalmente dei governi europei».
L’obiettivo è di mettere in moto una grande catena in giro per l’Europa: «Credo che dalla Toscana possa venire un sussulto di questa natura. Ce ne è bisogno, è necessario rianimare una forte pressione per spostare i governanti dai loro giochetti in corso su questo livello». Diversamente come sottolinea ancora Sacconi: «La stessa campagna elettorale per le elezioni europee sarà ncomprensibile per gli elettori. Per quale Europa si dovrà votare?». Per una Europa che abbia nella sua costituzione la carta dei diritti fondamentali? «Se non c’è la costituzione è impossibile» precisa Sacconi. Come il raggiungimento del pieno impiego e l’economia sociale di mercato. O se si vuole un ministro europeo per la politica estera. «O che il presidente della Commissione non sia eletto solo con un negoziato fra Stati - osserva Sacconi - e che l’Unione abbia riconosciuta una personalità politica a livello mondiale». Tutto ipotesi che restano nel libro dei sogni. Bloccate senza la Carta costituzionale europea. Toccherà ora alla presidenza irlandese prendere il testimone da quella italiana.

L’auspicio è che questa volta si raggiunga il traguardo

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