Redazione1 |
20.09.2008 19:11
FEDERALISMO SICULO-LOMBARDO
di Antonio V. Gelormini
Dopo le cosiddette leggi su misura, le immunità con taglio sartoriale per le alte cariche dello Stato, i decreti “a la carte” sulle rotte fallimentari di Alitalia, la vena creativa della squadra di governo non cessa di pulsare. Con l’approssimarsi del giro di boa federalista, riconosciuto maturo e sancito ineludibile dallo stesso Capo dello Stato, sul quadro legislativo del Paese si profila un nuovo tocco estemporaneo: la pennellata del federalismo ad personam.
Tito Boeri e Mauro Bordignon hanno indicato come l’articolo 20 della bozza Calderoli sul federalismo fiscale abbia “un nome, un cognome e un indirizzo: Raffaele Lombardo, Presidente della Regione Sicilia”. Ma scorrendo il testo, approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri, l’elenco degli alleati da accontentare si compone come un mosaico bizantino. Non tralasciando nessuno, depotenziando e diluendo la carica innovativa del provvedimento, che in tal modo rischia di trasformarsi nel “trofeo” (magari ammaccato) per la Lega Nord, da esibire ai propri elettori.
Per colmare la diversa “specialità” della Sicilia, rispetto alle altre regioni a statuto autonomo, in una logica tutt’altro che federale, la si rende più speciale e si accetta la richiesta del MPA di trattenere in Sicilia le accise sulla benzina raffinata. Un parametro ben più alto di quello, di solito preso in considerazione, relativo alla benzina venduta in quella regione. Un trasferimento aggiuntivo di quasi un miliardo di euro alla sola Sicilia. Perché con più di 20 miliardi di gettito complessivo all'anno, le accise sugli oli minerali costituiscono la quarta imposta erariale italiana, e ben 5 raffinerie su 6 delle Regioni a Statuto Speciale sono localizzate nella regione di Lombardo.
Si pensava che federalismo fiscale volesse dire ridurre, e non accentuare, particolarismi e specialità regionali. Che il sistema di finanziamento dovesse dipanarsi su indici proporzionali: “risorse ulteriori alle Regioni che svolgono compiti ulteriori”. E invece, per saldare le cambiali elettorali della maggioranza, lo Stato impone le accise sulla benzina e a Bari, a Varese, a Piacenza o a Torino le pagheremo, ma i soldi andranno in parte o del tutto a Palermo. Non è bizzarro come federalismo?
L’ascesa al Campidoglio dell’alleato Alemanno, come d’incanto, ha reso Roma meno “ladrona” alla rancorosa prospettiva padana. Ecco allora, senza problemi, che all’art. 13 si prevedono i soldi per Roma Capitale e il trasferimento, a titolo gratuito, al comune di Roma dei beni appartenenti al patrimonio dello Stato non più funzionali alle esigenze dell’Amministrazione centrale. Senza contare il maldestro tentativo di recuperare, tramite la tax-service, il gettito dei Comuni, venuto meno con l’abolizione dell’Ici sulla prima casa. Una polpetta-regalo (avvelenata?) che il premier ha dovuto a muso storto rifiutare, per non rovinare la luna di miele con gli italiani. Per il momento non se ne farà nulla, ma la questio è rimandata ai decreti legislativi da emanare entro due anni.
L’impressione è che si navighi a vista e la cosa non tranquillizza. Soprattutto se le nebbie padane continueranno ad addensarsi. Sarà per questo che dalla Fiera del Levante a Bari, il presidente della Regione, Nichi Vendola, ha deciso di forzare la mano e di dichiararsi pronto a “volerle vedere” le carte del federalismo. Anche subito e a testa alta, ma di volerlo fare alla chiara e luminosa luce del sole di Puglia.
(gelormini@katamail.com)
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