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Forum :: Referendum :: No alla legge 40 :: Mamma, papà e bambino immaginato di L. Fasce
Autore Mamma, papà e bambino immaginato di L. Fasce
Redazione1
16.05.2005 11:52
A proposito della Legge 40
Mamma, papà e bambino immaginato
di Luigi Fasce

Nel giornale Avvenire di sabato 14 maggio 2005 c’è l’inserto tratto da www.impegnoreferendum.it che riporta l’articolo del collega francese Benoit Bayle (studioso dello sviluppo psicologico dell’essere umano concepito)
Resta da chiedersi se il collega francese sia stato completamente consenziente a farsi paladino del pensiero cattolico che dice no ai quattro quesiti referendari o seppure si trovi suo malgrado strumentalizzato a portare acqua al mulino della Cei. Il dubbio sorge dalla lettura di quanto viene riportato (uno stralcio del suo libro “Lembryon sur le divan. Psychopathologie de la conception humaine” (L’embrione sul lettino. Psicopatologia del concepimento umano) che sarà presto tradotto e pubblicato in Italia da Koiné. Il titolo rimanda alla psicopatologia piuttosto che allo sviluppo sano del concepito, tuttavia non essendo ancora possibile entrare nel merito del libro (non si dice la Casa che lo edita attualmente in francese ma si dice solo quella che poi lo pubblicherà in Italiano. Però siamo in grado di chiosare quanto dell’estratto ci viene proposto.
Prima di entrare nel vivo del dialogo immaginario socratico con l’Autore affermo che non c’è alcun sentimento polemico se non una velata ironia nei suoi confronti ritenendo che nessuno possa empatizzare così profondamente con il feto fin dalle primissime fasi del concepimento: fantasie si, sono possibili, empatizzare poi proprio no, al massimo identificazioni proiettive materne e …paterne (vista la capacità isterica di simulare lo stato di gravidanza “sindrome della couvade” di alcuni padri) alcune azzeccate altre no, ovvero lo spartiacque tra psicologia sana o psicopatologia del bambino. In effetti quello che voglio proporre è mettere in evidenza l’altra chiave di lettura di questi brani scelti per convincere delle tesi anti referendarie, chiave di lettura che si prestano a fornire elementi di significo del tutto opposto ai fondamentalisti “fratelli dell’embrione”.
Una premessa generale va comunque fatta alla contesa particolare sulla questione dell’embrione è vita e già individuo , ovvero che la Chiesa Cattolica dopo la solenni batoste ricevute quando contrapponeva dogmaticamente le Sacre scritture alla Scienza ha ritenuto di cambiare linea di difesa e ha scelto di competere sul terreno della stessa scienza. Trattando dell’infinitesimale e dell’invisibile oramai la scienza non consente più di evidenziare l’evidente. Negava la Chiesa al tempo di Galilei che la terra fosse un puntino nell’universo ma l’evidenza che la terra gira intorno al sole e non il contrario è di tale evidenza che qualunque potesse mettere l’occhio sul modesto telescopio di Galilei doveva pur convincersi. Nel macro: teoria della relatività, big bang universi infiniti e dimensioni diverse degli universi fanno sbigottire e sovrapporre scienza a fantascienza ovvero fantasia della scienza. Mentre nel nell’infinitesimale del micorocosmo dell’essere umano: genoma , geni e gameti, spermatozoi e ovuli sono individuati nella loro dimensione fenomenica ma nulla è possibile sapere del progetto vitale evolutivo. Sappiamo soltanto e che mettendo in contatto spermatozoo e ovulo si determina lo sviluppo del feto e possiamo monitorarne le fasi, ma nulla sappiamo come tutto questo sia reso possibile. Dire che è scritto nel progetto genetico è tautologico. La scienza sa quello che constata. E’ la capacità immaginativa umana che ci consente della vita di ipotizzarne il disegno di Dio (altro dalla natura secondo la Chiesa Cattolica) o disegno casuale della Natura (secondo Monod) ovvero disegno della divina natura (secondo Giordano Bruno). E questo per voler restare ancorati alla cultura occidentale e senza scomodare il pensiero buddista e le altre visioni religiose orientali del mondo, e conseguentemente dell’uomo, in verità assai poco propense a ‘speculare’ su atomi e cellule.
Dicevo che la Chiesa Cattolica, scaltritasi nel tempo di fronte all’indeterminatezza dell’oggetto e sul relativistico pensiero che analizza la scienza, ha deciso di giocare su questo tavolo la sua partita in suo favore. Perché manipolando i concetti scientifici secondo le proprie pre-determinazioni religiose diventa assai più facile convincere gli uomini moderni che non con i postulati biblici o peggio ancora con i dogmi papali. In questo modo c’a anche il vantaggio di non far riflettere su quanto di modernamente insostenibile viene sostenuto dalle sacre scritture. Un solo esempio per tutti, la nascita di Eva nata dalla costola di Adamo. Pensate la scienza è riuscita a dimostrare che è nata prima la donna dell’uomo. (Vedasi “Uomo, Donna Ragazzo, Ragazza” – J.Money e A.Ehrhardt Feltrinelli Milano 1977). Però, con queste spregiudicate ingerenze di campo tanto in ambito scientifico tanto nell’arena politica, la Chiesa cattolica che finora ha goduto della tolleranza tipica del pensiero liberale, non può più aspettarsi né neutralità né tolleranza da parte di scienza e politica. Se per colpa della Chiesa Cattolica che in questo periodo storico ritiene di poter avere la sua rivincita e recuperare la supremazia del potere spirituale su quello temporale (sapere e politica) si riapre la conflittualità tra religione e laicità. Se invasione di campo deve essere, allora noi laici uomini di scienza o politici, possiamo ricominciare con le critiche avviate da Voltaire. E questo fino a che la Chiesa cattolica finalmente non imparerà la virtù di umiltà e di prudenza che con Giovanni XXIII e Paolo VI sembravano essere state ritrovate. Ma ahimè subito ri-perdute con Vojtila e Ratzinger.

Fatta questa indispensabile premessa mi piace avviare il discorso con una citazione di Winnicott visto che è l’autore che Benoit cita per primo nello stralcio di discorso sotto indicato.
“Il bambino può dirsi fortunato se fin dall’inizio può dare per scontato il vostro (madri) desiderio di nutrirlo, (mia la specificazione materna e l’evidenziazione) e può perciò concentrarsi sul problema di affrontare e controllare i suoi propri impulsi e bisogni.”
Penso che se questo vale nel rapporto bambino-madre nella fase del bambino già nato possa valere a maggior ragione nella fase prenatale e a ritroso fin dalle prime fasi dopo il concepimento. Cosa mai succederebbe al bambino nel caso non dovesse dare per scontato il desiderio della madre di nutrirlo … foss’anche per il tramite del cordone ombelicale ? Winnicott non fa presagire nulla di buono per la salute psico-fisica del bambino, figuriamoci per l’appena concepito.
Facile immaginare come può desiderare una donna stuprata della Bosnia il prodotto del suo concepimento o una ragazzina impasticcata che ha avuto un rapporto sessuale con uno qualunque trovato in discoteca.
Ma veniamo al testo citato di Benoit per decifrane l’utilità e per quale tesi.

Mamma ed embrione: una psiche in due
di Benoit Bayle
E’ difficile parlare del periodo prenatale senza sottolineare le trasformazioni psicologiche che avvengono nelle mamme durante la gravidanza. Il concepimento del figlio provoca nella donna e nell’uomo un periodo di crisi d’identità e una maturazione psicologica. In un famoso articolo su «La preoccupazione materna primaria», Winnicott nel 1956 ha descritto le particolari trasformazioni psichiche nella donna durante la gravidanza e che si manifestano anche dopo il parto. La donna incinta presenta un particolarissimo stato psicologico di ipersensibilità, che assomiglia a una malattia, ma non lo è. Tale stato si sviluppa progressivamente nel corso della gravidanza, per raggiungere il culmine alla fine della gestazione. Persiste per alcune settimane dopo la nascita del bambino, e scompare senza lasciare alcuna traccia. Questo stato, durante il quale uno degli aspetti della personalità della madre prende temporaneamente il sopravvento tanto da essere paragonabile a una malattia, offre un quadro fondamentale per il figlio: la madre infatti si mette «al posto del figlio» e risponde ai suoi bisogni.

Più che prendere il posto è meglio dire che si identifica proiettivamente, ovvero ne interpreta intenzioni e pensieri, ma questo solo a patto che lo abbia desiderato. Se non lo ha desiderato questo dialogo allucinato non avviene e il bambino si ritrova solo senza contatto né visivo né uditivo né mentale. Psicologicamente morto. In alcuni casi subentra lo stato marasmatico che porta il bambino alla morte. In realtà l’embrione deve passare una lunghissima traversia bio-psicologica prima e durante la nascita prima di diventare persona !

Negli anni Cinquanta anche il pediatra Ted Berry Brazelton si interessò alle malattie infantili e alla loro origine nell’ambiente psicologico e affettivo. Il pediatra esprimeva il suo stupore di fronte alle trasformazioni psichiche che osservava nelle donne incinte, e che gli facevano fare oscure previsioni. Le mamme da lui esaminate erano tutte alla prima gravidanza. Presentavano uno stato di ansia che, all’inizio, sembrava patologico. La stranezza di ciò che raccontavano, l’universo fantastico che esprimevano, lo inquietavano e gli facevano temere che potessero avere difficoltà con il figlio una volta nato. E invece, contrariamente alle previsioni, quelle madri si adattavano perfettamente al loro nuovo ruolo. Queste osservazioni indussero Brazelton a pensare che lo choc che avviene durante la gravidanza stabilisca i primi legami di attaccamento tra madre e figlio. È necessario cioè che si manifesti quello stato di sensibilità verso il neonato e verso i suoi bisogni perché la madre sia in grado di occuparsi di lui.

Certamente per il bambino è indispensabile che la madre provi e manifesti quello stato di sensibilità verso il neonato e verso i suoi bisogno perché la madre sia in grado di occuparsi di lui. Certamente, ma se non prova e manifesta questa sensibilità verso il neotato ? Secondo la Chiesa cattolica deve per forza provare questa sensbilità. Bella pretesa ! E con le vicissitudini individuali umane come la mettiamo ? Anche con la più impensabile delle dittature teocratiche non si può condizionare il desiderio o il rifiuto di maternità. E’ una questione esclusivamente individuale e non si può obbligare per legge.


Il normale equilibrio precedente alla gravidanza non consentirebbe insomma questo adattamento.

In Francia lo psichiatra Paul-Claude Racamier si è dedicato allo studio delle psicosi delle puerpere. Nel 1961, in un articolo intitolato «La madre e il figlio nelle psicosi post-parto» proponeva un’importante analisi del processo psichico che si scatena durante la gravidanza, che egli designava con il termine «maternalità». Per quest’autore l’amore materno è un composto estremamente complesso e la sua piena realizzazione non è scontata. Durante la gravidanza la struttura psichica della donna si orienta progressivamente verso un atteggiamento narcisistico e di fusione con il feto. La donna tende cioè ad amarsi di più. Ama in maniera indistinta il figlio che ha in grembo e il suo corpo. (…)
Sulla scia di questi diversi lavori, e forte dell’esperienza con le donne seguite nel reparto di maternità, la psicanalista Monique Bydlowski ha usato il termine di «trasparenza psichica» per indicare lo stato di particolare suscettibilità della donna durante la gravidanza. I motivi di questo stato si spiegano con un forte investimento sul figlio che «invade» progressivamente la madre con un’intensità paragonabile solo a quella dell’innamoramento
(...).

Giusto l’innamoramento, se non è innamorata del proprio concepito ci sono poche probabilità che la donna faccia sviluppare in modo sano il proprio bambino.



In conclusione, vediamo come i diversi approcci siano collegati: il concepimento e la gestazione del figlio provocano nella madre un vero e proprio sconvolgimento psichico. E, se crediamo a Monique Bydlowski, la «trasparenza psichica» compare proprio dall’inizio della gestazione. All’altro capo del processo, verso la nascita, tale stato psichico consente alla madre di adattarsi ai bisogni del figlio, di provocare quella che Winnicott chiama la

«preoccupazione materna primaria».

Vorrei tornare sulla costruzione dello spazio materno di contenimento psichico e fisico per mostrare che tale spazio di preoccupazione materna non si costruisce solo in funzione della donna, della sua storia, della sua psiche, delle sue proiezioni, ma anche del concepito, e in particolare della sua "identità concezionale". Si potrebbe infatti pensare che lo spazio psichico materno si costruisca attorno al fenomeno-gravidanza esclusivamente in base alla psiche materna. Secondo me non è così, ed è possibile capire correttamente la gestazione psichica solo se non si dimentica di integrare la struttura "psichica" dell’embrione. Il termine "psichico" non dev’essere qui inteso come lo intendiamo normalmente in psicanalisi. Non si tratta neppure di un’ipotetica "coscienza di sé" dell’embrione, ma piuttosto di una questione identitaria: il concepito acquisisce cioè, fin dal concepimento, una «identità concezionale».

Anche su questo punto non si tratta di polemizzare con il collega ma solo di rilevare che il concetto è astruso. Di che cosa trattasi orbene ?
Forse di psiche potenziale così come previsto da gene sano, ma
se invece fosse da gene portatore di gravissima malattia, siffatta “psiche” sarà dunque malata anch’essa. Forse che la madre dovrebbe essere a tal punto sensibile che dovrebbe esserne lieta, desideralo ancora, ancor più perché le si prospetta un figlio handicappato grave da accudire per tutta la vita. Disumano ! Che la religione cattolica – ovvero i suoi rappresentanti umani – maschi e celibi per imposizione-vocazione religiosa - possano pretendere questo da una donna mi sembra veramente crudele quasi quanto i sacrifici umani dei Maya. In natura ci sono gli aborti spontanei e non ci sono principi dogmatici religiosi che tengono. Lo stesso naturale principio vale per gli aborti terapeutici.


Durante la gravidanza abbiamo la sensazione che la donna non si formi le stesse rappresentazioni del figlio a seconda che l’essere che porta in gestazione sia il frutto della tenerezza dell’uomo che ama oppure sia stato concepito da una relazione adulterina, oppure ancora sia il frutto di uno stupro. Tale intuizione fa supporre che lo spazio materno di contenimento psichico e fisico dipenda anche dalla natura del concepito, e in particolare dalla sua identità concezionale. (...) Se analizziamo infatti che cosa sia un embrione umano, ci accorgiamo che a definirlo non basta la biologia. Posto un identico materiale genetico, l’embrione umano si definisce diversamente a seconda delle caratteristiche psicologiche, sociali e culturali dell’uomo e della donna che gli danno la vita, e la donna che lo porta in grembo si costruisce rappresentazioni mentali diverse, così come fanno i familiari e l’ambiente sociale. (…)
In quest’ambito ci è di grande aiuto la psicopatologia concezionale, in particolare negli esempi più estremi. L’embrione frutto di una violenza può essere biologicamente sano. Fisicamente può diventare un bambino bellissimo. E tuttavia ne è toccato fin nella carne, incarnazione di una relazione sessuale forzata e violenta che attenta alla sua dignità nel più profondo del suo essere, ferendolo fino alle fondamenta dell’identità psichica. Non ci si può sottrarre all’evidenza: l’essere umano concepito in seguito a una violenza deve confrontarsi fin dal concepimento con una problematica psicologica che mette in pericolo la costruzione della sua identità psichica. Ciò non significa che lo sviluppo psichico di quel concepito sia compromesso definitivamente, ma indica che la storia di quel concepito è vincolata da un pesante fardello. (…)

Mi sembrano tutti argomenti di tutta evidenza portati in favore della libertà della donna, tanto a continuare la gravidanza quanto ad interromperla su delle sensazioni personalissime e assolutamente insindacabili da parte di qualunque entità esterna, partner o Legge umana.

Anche il concepito in seguito a una procreazione medicalmente assistita è portatore di questa particolare determinazione concezionale, del fatto di essere stato concepito in vitro, che lo collega a una storia e a una cultura medica e tecnologica che nulla hanno a che vedere con la sua natura biologica. Anche qui, la creazione dello spazio materno di contenimento psichico e fisico sarà influenzata da questa impronta del concepimento: sicuramente la donna incinta immagina e si preoccupa in una maniera particolare di quell’embrione frutto della tecnica, concepito dopo tanti anni di sterilità con l’aiuto di un’équipe medica, fecondato fuori dal suo corpo e che è forse stato congelato prima di essere introdotto nell’utero, insieme a un altro o ad altri due embrioni. Non è in gioco solo la sua storia di donna sterile, ma anche l’identità del figlio frutto di una procreazione medicalmente assistita.
L’embrione umano possiede un’identità concezionale biologica e psichica, ma anche sociale e culturale. Tale identità concezionale suscita un’attività di rappresentazioni mentali nella donna incinta (durante la gravidanza), ma anche nell’ambiente familiare e sociale. L’identità concezionale collega il concepito a coloro che gli hanno dato la vita. Essendo "concepito da un uomo e da una donna", l’essere umano accede fin dal concepimento a un’identità ricca di numerose determinazioni psichiche, sociali e culturali. Si trova collegato a una storia che è anche la sua storia, senza la quale egli non esisterebbe, e che costituisce la sua identità. L’identità concezionale inserisce inoltre il concepito nel tempo e nello spazio. Lo lega a una cultura e una società ben precise, a un tempo definito (anche quando vi sia stato congelamento) e a un luogo geografico. Il concepito ha un’identità diversa non solo a seconda che sia stato concepito proprio da quell’uomo e da quella donna, ma anche a seconda che sia stato concepito in quella data epoca e in quella civiltà.

Così l’embrione umano è infinitamente più del frutto biologico dell’incontro tra un ovulo e uno spermatozoo: è la testimonianza carnale di una storia umana e della relazione tra due esseri umani di sesso diverso. Se, sul piano biologico, possiede un’identità genetica, è anche ricco di un’identità concezionale (...). L’essere umano concepito riassume così nel suo corpo queste impronte in un’unità originale, che impasta quel che lui è, senza confonderlo con coloro che gli danno la vita. Il concepito, insomma, è immediatamente un essere composto da carne e psiche. (traduzione di Anna Maria Brogi)

Dopo queste opportune considerazioni dobbiamo solo constatare che il concepito non solo deve essere sano geneticamente ma sano deve esserlo ancor più psicologicamente, e questo sano corredo glielo può fornire solo la relazione d’amore madre-padre che amabilmente allucina il figlio immaginario sano bello intelligente e non certamente handicappato già dalla nascita.”


A questo punto dubito fortemente che da questi brani scelti dal libro indicato si possa arrivare a sostenere le tesi degli estimatori della legge 40 così come è. Sembrerebbe vero il contrario.

Luigi Fasce, psicologo e psicoterapeuta analitico con esperienza consultoriale ventennale.



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