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Forum :: Referendum :: No alla legge 40 :: REFERENDUM, IL DIRITTO DI VOTARE
Autore REFERENDUM, IL DIRITTO DI VOTARE
Redazione1
16.05.2005 12:09
GIANCARLA CODRIGNANI: REFERENDUM, IL DIRITTO DI VOTARE
[Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri@libero.it) per
averci messo a disposizione questo suo articolo gia' apparso nella cronaca
di Bologna de "L'Unita'" dell'11 maggio 2005. Giancarla Codrignani,
presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio
militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di
liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu'
rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza.
Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema,
Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994]

Ci sono cattolici che, come Romano Prodi, hanno rivendicato il diritto di
andare a votare al prossimo referendum sulla fecondazione assistita, senza
prudentemente dire come voteranno. Tuttavia non sono pochi quelli -
soprattutto "quelle" - che, senza esprimersi pubblicamente, si riservano
un'autonomia maggiore. Possiamo esplicitarne le ragioni.
L'invito al "non voto" non e' stata la piu' coerente delle scelte per un
cattolico convinto: monsignor Ruini ha deciso di ricorrere a una tattica,
non a un'argomentazione, solo per il timore di ripetere l'esito del
referendum sull'aborto, quando al monito della chiesa corrispose la
disubbidienza di due terzi dei votanti. La gerarchia cattolica, infatti, in
un paese democratico puo' esprimere liberamente i propri convincimenti e
deve evangelizzare: perche' ha invitato a disertare e non a votare "no", se
ritiene che la fecondazione assistita sia un peccato? E perche' non ha
ragionato sul problema quando la scienza l'ha proposto - piu' di vent'anni
fa - e parla solo oggi, quando da queste pratiche sono nati migliaia di
bambini che ormai frequentano l'universita'? Perche' gli scienziati
cattolici sembrano scoprire oggi le tecniche riproduttive che hanno solo il
compito di guarire coppie altrimenti rese infelici dalla sterilita'?
Desiderare figli non puo' essere ne' peccaminoso ne' illegittimo: se la
scienza consente di integrare la natura - secondo il significato del biblico
invito a "dominare la terra" - si dovrebbe poterne accettare l'ausilio.
Tuttavia il vero problema sembra essere diventato l'embrione, da tutelare
non perche' degno di rispetto in se', ma perche' dotato di tutti i diritti
propri della "persona", anche a costo di aprire il conflitto con i diritti
delle donne. Mentre una concezione personalistica della vita estesa al
concepito dovrebbe significare fornire alla donna incinta tutte le tutele di
maternita' (intanto viviamo in un paese in cui non si risarcisce l'aborto
spontaneo per ragioni di lavoro), non e' accettabile attribuire capacita'
giuridica all'embrione, con il rischio che, in prospettiva, diventi titolare
di eredita', o denunci gli attentati al proprio benessere operati dalla
mamma che pratica qualche sport o gli apparentemente innocui lavori
domestici.
La questione riguarda direttamente i "generi": l'uomo, anche se non e'
filosofo, capisce cio' che e' "potenza" e cio' che e' "atto" sempre secondo
Aristotele, per il quale lo sperma e' la potenza vitale, mentre la donna e'
un semplice contenitore che la porta a maturazione. L'uomo identifica cosi'
la propria capacita' generativa nell'astrazione dell'embrione, non nel
processo che si verifica nel grembo della sua donna. La quale ha un metro di
valutazione diverso: sa bene che una cellula fecondata e' diversa da un
ovulo e uno spermatozoo separati, ma sa anche che cio' che le cresce dentro
e' una potenzialita', mentre reale e' il bambino da tenere in braccio.
Inoltre le donne non ignorano che, secondo natura, milioni di embrioni si
sfaldano, senza che nessuno si renda conto della loro esistenza; dovrebbero
per caso pensare che il loro grembo produce tendenze suicide?
D'altra parte non e' compito della legge definire quale sia l'origine della
vita. A meno di non voler correggere il primo articolo del Codice civile che
riconosce che "la capacita' giuridica si acquista dal momento della nascita"
e che "i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono
subordinati all'evento della nascita".
Cattolici e laici, davanti a una legge ingiusta e inapplicabile, hanno
dunque problemi concreti molto seri, che portano ad andare a votare e,
anche, ad esprimere quattro si', 1) per non punire le donne che si
sottopongono a trattamenti clinici pesanti solo per amore della vita, e per
non aprire un conflitto giuridico dentro l'aspirazione alla maternita'; 2)
per consentire alle donne di ricevere il numero di embrioni che il medico e
non la legge ritiene opportuno; 3) per ammettere la fecondazione eterologa
che risponde anche a un non egoistico desiderio di paternita'; infine 4) per
consentire che la responsabilita' del destino di embrioni in ogni caso
condannati all'estinzione sia affidata agli scienziati.
Le preoccupazioni per avventure rischiose progettate dalla genetica non
possono essere incluse di soppiatto e ideologicamente in una legge
riferibile solo a pratiche terapeutiche non imposte a nessuno, desiderate da
molti, consentite in tutti i paesi europei e utilizzate anche, se non
soprattutto, da buoni cattolici.
I quali cattolici pensano che, se ci fosse stata la fecondazione assistita,
ben difficilmente Sara avrebbe permesso ad Abramo di prendersi una
concubina, come era consentito ai patriarchi da quella Bibbia che pensava
sterili solo le donne. A meno di non suggerire il ricorso al vecchio
adulterio, come fa implicitamente chi - come monsignor Maggiolini - pensa
che le donne vogliano "prendere il seme del primo che passa per la strada",
senza riflettere sull'esistenza della sterilita' maschile.
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