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Forum :: Lettere :: Lettere aperte a.... :: L'Italia dei privilegi s'eè desta di M.Di Schiena
Autore L'Italia dei privilegi s'eè desta di M.Di Schiena
Redazione1
6.11.2006 09:51
FINANZIARIA: L’ITALIA DEI PRIVILEGI “S’E’ DESTA”
Michele DI SCHIENA
Tutti coloro che hanno un reddito annuo inferiore a 40 mila euro dal prossimo mese di gennaio saranno meno tassati con riduzioni del prelievo fiscale tanto maggiori quanto minori sono gli introiti e conseguentemente guadagneranno di più, sia pure in misura modesta, ottenendo aumenti riscontrabili nelle buste paga dei lavoratori dipendenti, negli assegni pensionistici e nei profitti mensili dei lavoratori autonomi. Tali incrementi saranno più consistenti per coloro che hanno persone a carico con una progressività rapportata al numero di tali familiari. Si tratta di vantaggi riguardanti oltre l’80% dei contribuenti mentre il rimanente 20% guadagnerà qualcosa in meno con perdite proporzionate all’entità dei redditi.

Sono queste le conseguenze pratiche della modifica delle aliquote Irpef che costituisce la struttura portante della Finanziaria, una pesante “manovra” intesa a reperire ingenti somme per risanare i conti e mantenere gli impegni di spesa dopo un’irresponsabile gestione del denaro pubblico, fatta di esborsi sbagliati e di strumentali rinvii nonché di fittizie coperture, che aveva portato il Paese ai limiti del collasso con disastrose conseguenze in danno soprattutto delle fasce sociali più deboli. Una legge che con l’intervento sul cuneo fiscale riduce il costo del lavoro soprattutto in favore delle imprese stimolando la ripresa dell’economia e che immette nel sistema tributario elementi di equità sociale capovolgendo la logica delle riforme berlusconiane che avevano ridotto le tasse in favore dei titolari dei redditi più alti provocando, con misure inique ed antipopolari, un progressivo impoverimento di massa.

Siamo dunque di fronte ad un complesso provvedimento governativo che, pur con inevitabili limiti ed errori ancora emendabili, persegue gli obiettivi fondamentali di mettere ordine nelle casse pubbliche, di agevolare la ripresa di attività produttive e di dare impulso a processi di redistribuzione del reddito a vantaggio della stragrande maggioranza dei cittadini dichiarando guerra al crimine sociale dell’evasione fiscale e chiedendo alla ristretta minoranza dei più agiati sacrifici limitati e sopportabili nell’interesse generale e quindi indirettamente anche nel loro interesse. C’è allora da chiedersi come mai un tale provvedimento rischia di essere travolto da uno “tsnunami” di travisamenti, di critiche, di proteste e di attacchi che puntano a sopraffare il consenso di massima espresso dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed a contaminare gli umori di larga parte della pubblica opinione e degli stessi ceti sociali destinati a ricevere dal varo della legge concreti (se pur contenuti) benefici economici.

Quali le cause di questo fenomeno? La oggettiva pesantezza della manovra? Le tante divergenze ed incertezze di una maggioranza che non sempre appare all’altezza delle responsabilità del momento? La feroce opposizione berlusconiana condotta con abili regie e dovizia di mezzi? I ricorrenti errori dei tecnici incaricati di mettere a punto il provvedimento? Il difetto di comunicazione da più parti lamentato? Tutto questo ha indubbiamente danneggiato il cammino e l’immagine della finanziaria ma le cause primarie del fenomeno vanno individuate in due fattori, uno culturale e l’altro sociale, sui quali occorre seriamente riflettere: l’eclissi in larga parte della coscienza civica dei “doveri inderogabili” di solidarietà economica e sociale sanciti dalla Costituzione repubblicana e la pretesa esasperatamente conservatrice dei ceti dominanti di preservare ad ogni costo e possibilmente di accrescere le proprie posizioni di vantaggio in barba alle più elementari esigenze di giustizia.

L’Italia dell’opulenza ripiegata su se stessa, delle corporazioni, degli egoismi e dei privilegi “s’è desta” e, con una reazione questa sì di classe, è insorta gridando allo scandalo contro i primi passi mossi dal Governo Prodi verso politiche in qualche misura redistributive e di equità sociale riuscendo così a provocare reazioni di dissenso anche tra i beneficiari immediati e diretti delle misure già varate e di quelle in via di definizione. E lo ha fatto utilizzando gli influssi di quella cultura iperliberista di stampo “calvinista” che punta strumentalmente a diffondere tra i cittadini più poveri e più deboli l’autolesionistica inclinazione ad identificarsi con i soggetti dominanti fino a negare consenso e sostegno proprio a quanti si adoperano per tutelare e promuovere i loro diritti ed i loro interessi. Occorre perciò reagire subito con determinazione sia sul piano culturale che su quello politico sperando che nell’Unione vi siano le energie e le convergenze necessarie per farlo.

Brindisi, 5 novembre 2006

Michele DI SCHIENA



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