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Forum :: Lettere :: Lettere aperte a.... :: No agli antidepressivi di :Pellegrino
Autore No agli antidepressivi di :Pellegrino
Redazione1
17.03.2008 22:44
Egregio Direttore,
ho sentito al telegiornale la notizia del chirurgo Brandimarte di Taranto che dopo aver ucciso barbaramente la moglie e le due figlie ( di 11 e 14 anni), si è tolto la vita. Il giornalista alla fine del servizio, puntualmente, come nei tanti altri casi simili, ha concluso dicendo che il medico soffriva di depressione. La domanda che mi sono posta è stata:
"Qual' è l’antidepressivo che stava assumendo questa persona ?".
Da quando qualche hanno fa ho letto di 800 famiglie che negli USA hanno fatto causa alla casa produttrice del P. (un antidepressivo denominato anche “la pillola della felicità"), perché aveva indotto i loro parenti a commettere omicidio e/o suicidio. Da quando ho visto alcuni servizi televisivi americani, nei quali mariti, mogli, madri di pazienti e le stesse persone che erano state in cura con il P. , R. , P. ed altri psicofarmaci, raccontavano come era cambiata la loro personalità, degli incubi , degli impulsi omicidi e/o suicidi, avuti dopo l’assunzione di tali sostanze e di quanto fossero diventate violente, mi domando: "La stessa cosa si sta ripetendo da noi, perché nessuno fa niente ?".
Perché non viene aperta un’inchiesta e fatte ricerche per accertare la relazione tra il gesto omicida/suicida commesso dalla persona e lo psicofarmaco assunto? Quanti bambini, mogli o parenti devono ancora morire prima che le autorità preposte alla tutela della salute dei cittadini facciano qualcosa a riguardo?

E’ da diversi anni ormai che nel nostro paese assistiamo a stragi come quella di cui sopra, in ognuno di questi casi ci sono due fattori sempre presenti: la persona era sotto cure psichiatriche ed assumeva psicofarmaci. Perché 20, 15 anni fa queste cose non succedevano, cosa è cambiato?

Il tutto diventa inaccettabile quando si leggono i risultati di ricerche, come quella recentemente condotta dal gruppo di Irving Kirsch della Hull University assieme a canadesi e statunitensi, che dopo aver messo a confronto gli effetti di un gruppo di antidepressivi (P. e affini, cioè oltre alla fluoxtetina, anche paroxetina, venlafaxtina e nefazodone) con il placebo, hanno evidenziato che sono inefficaci nella cura della depressione, che sono migliori le cure alternative. E come qualche giornale ha titolato riferendosi al P. : “E’ inutile, come una caramella”. Peccato che gli gli effetti collaterali di questi psicofarmaci (allucinazioni, confusione, nausea, pensieri suicidi , ostilità, comportamento violento, per citarne alcuni di quelli scritti sui bugiardini (foglio allegato ad ogni medicina) influenzano pesantemente il paziente.

Si resta sconcertati quando legittimamente qualche giornalista solleva il sospetto che dietro tutto ciò ci sia un’operazione di marketing, vengono pubblicati studi negativi sugli psicofarmaci in questione a brevetto scaduto, quando ormai questi farmaci sono diventati generici , a costo più basso e non più fonte di grossi introiti per le case farmaceutiche, mentre contestualmente escono sul mercato nuovi farmaci sotto brevetto. (Corriere della Sera del 27/2/2008).

Si resta senza parole quando si leggono i commenti fatti dalle autorità del settore, in merito alla pubblicazione dei risultati degli studi sugli psicofarmaci , tra questi il Presidente della Società mondiale di psichiatria, Mario Maj, sul Corriere della sera del 27/3/08, che dice : “ Sicuramente il peso dell’industria si fa sentire nella letteratura sui farmaci antidepressivi (…)". "Non è escluso ma nemmeno dimostrato che in questa fase il “publication bias”, intervenga in senso opposto, cioè, nel senso di favorire la pubblicazione di quei dati che documentano l'inferiorità dei farmaci in scadenza di brevetto rispetto ad altri di più recente introduzione". E parlando di questa "prassi" che sembra consolidata nel settore, il “publication bias”, dice che : “E’ quel fenomeno per cui gli studi che portano a risultati positivi sono più frequentemente pubblicati di quelli che hanno esito negativo. Il fenomeno si spiega con la minore motivazione dei ricercatori e degli sponsor a pubblicare i dati negativi".



Alla luce di ciò non ci si può non chiedere: è scienza tutto ciò’?

Dove è finita la verità , l’oggettività e l’onestà scientifica? Questa gente si sta rendendo conto di avere a che fare con la sanità mentale e la vita di milioni di persone o pensano veramente che stanno vendendo Caramelle?

Perché medici e psichiatri prescrivono psicofarmaci nonostante sia espressamente indicato (nei bugiardini), che possono indurre la persona al suicidio? Perché non vengono immediatamente tolti dal mercato? Forse questi avvertimenti servono solo per tutelare le case farmaceutiche da eventuali azioni legali?

Prof.ssa Margherita Pellegrino
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