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Puglia, turismo ostensione dei limiti (di A. V. Gelormini) |
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28.04.2008
C’è qualcosa che non va in questo avvio di primavera per il turismo in Puglia, che quasi manda in tilt, per eccesso di numero, il tabellino degli arrivi. Ma che, ancora una volta, nonostante l’incremento degli scali delle navi-villaggio da crociera a Bari, l’ostensione di S. Pio a S. Giovanni Rotondo e il pienone dei ponti festivi di fine aprile, rischia di rimanere impermeabile a queste maree di flussi. Incapace di trattenerle e trasformarle in proficue seppur minime permanenze.
C’è qualcosa che non va se le Apt, preposte a promuovere i rispettivi ambiti provinciali e le relative offerte turistiche, sono costrette a trasformarsi in Operatori Turistici e a confezionare pacchetti o itinerari per far fronte, come accade in questi giorni a quella di Foggia, a una domanda straripante dalle colonne in fila di pellegrini, accorsi sul Gargano al richiamo del Santo più amato. Soprattutto quando quest’attività provoca immotivati malcontenti campanilistici, di chi non riesce ad ammettere l’inefficacia di una proposta omnicomprensiva. O non riesce a cogliere l’importanza della priorità di un effetto volano utile, se avviato, all’intero comprensorio provinciale.
Prima ancora delle sacre spoglie, si ha la sensazione di essere dinanzi all’ostensione di una serie preoccupante di limiti. A cominciare da quelli di un’imprenditoria del turismo abituata a sfruttare i flussi, senza spendere o investire alcunché per favorirli, determinarli e alimentarli. Per continuare con quelli delle istituzioni locali, sempre in affanno nel fronteggiare eventi ed effetti pur annunciati per tempo. E finire alle stesse gerarchie ecclesiastiche, non sempre all’altezza di gestire le evoluzioni di straordinarie manifestazioni di fede che, senza l’aiuto di una “ragionata” organizzazione, tendono a perdere la loro naturale carica spirituale. Per scadere in un banale presenzialismo, individuale o di gruppo, alimentato dalla reazione a catena di distorti effetti mediatici relativi.
Se è vero che l’ostensione si protrarrà per circa un anno e mezzo, fino a settembre 2009, c’è tempo per correre ai ripari. Per pensare ad un’azione di sistema volta a garantire da un lato una sana catechesi, delle rispettose liturgie, nonché autentica pratica religiosa. E dall’altro soddisfare esigenze di carattere logistico, favorire servizi ricettivi che durino almeno o più di una notte, assicurare un’accoglienza propedeutica ad un virtuoso effetto di fidelizzazione verso il Gargano e verso la destinazione Puglia in generale.
Da sempre l’ostensione, quella che rimanda all’ostensorio, sublime teca del Corpo più prezioso, è pratica finalizzata al tempo lungo del raccoglimento, della preghiera, della contemplazione e della riflessione. Nulla a che vedere col fugace passaggio, magari dedicato allo scatto di un’istantanea, dopo interminabili ore di coda. Meglio sarebbe, forse, una sorta di percorso indirizzato che parta da una Confessione (proprio come suggeriva Padre Pio), prosegua sul pendio penitenziale della Via Crucis, preveda la partecipazione ad una S. Messa e, solo dopo, consentisse l’accesso ad una visita al Santo più partecipata e meglio preparata. Il sussurro iniziale sulla dubbia genuinità dell’evento, così com’è, ci ha messo poco a diventare un vocio. E in questi casi, si sa: “Vox populi, vox Dei”.
(gelormini@katamail.com)
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