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Lettera ad un collega
7.10.2008
Un lavoratore di Pistoia, dipendente pubblico, ha immaginato di scrivere ad un ipotetico collega che non era all'assemblea...

Ciao,

ieri c’era Assemblea e non ti ho visto, così ho pensato che ti potrebbe far piacere sapere come è andata.

C’era veramente tanta gente, della Provincia, della Camera di Commercio, dei Comuni del territorio provinciale. Pensa che nella Sala Maggiore del Comune di Pistoia non c’entravamo, così gli organizzatori, che erano i sindacalisti di CGIL CISL e UIL, hanno chiesto al Sindaco se potevamo scendere in piazza Duomo, e così è stato.

C’era un bel sole e tanta gente affollata davanti alle logge.

Mi verrebbe da dire della bella gente, non tanto perché fosse bella d’aspetto, ma perché aveva voglia di ascoltare e di partecipare.

I sindacalisti hanno illustrato quello che ci cambia, a noi lavoratori degli enti territoriali, ed in generale a tutti i lavoratori pubblici, con l’entrata in vigore delle nuove norme della legge 133 del 2008. Ci sono molte novità, praticamente tutte negative: per esempio adesso in caso di malattia, oltre a dover restare chiusi in casa, ci tocca anche la riduzione dello stipendio; poi con le nuove regole del patto di stabilità per gli enti, chi non rispetta i vincoli ha il divieto di assunzione, che vuol dire niente sostituzione di chi va in pensione e niente stabilizzazioni per i precari che aspettano. In più non ci sono i soldi per il rinnovo del nostro contratto, che è scaduto da nove mesi e per il quale l’intenzione per il 2008 è quella di pagarci l’indennità di vacanza contrattuale, 8 euro lordi al mese: come se non fosse già successo !!

C’è stato anche un episodio divertente, quando durante l’intervento di un sindacalista, sul mezzogiorno sono scattate le campane del campanile suonate a distesa: sembrava proprio di rivivere quella scena con Don Camillo che suona le campane a tutta forza per non far sentire le parole del comizio di Peppone.

Sono intervenuti il Sindaco di Pistoia ed il Presidente del Consiglio Comunale, sempre di Pistoia, e poi, finalmente, si è sentita anche la nostra voce, la voce dei lavoratori.

Mi resta un po’ difficile sintetizzare quello che è stato detto, bisognava esserci per sentire la passione di qualche intervento e soprattutto la reazione di chi ascoltava: c’era molta gente attenta e partecipe, che commentava, applaudiva e reagiva agli stimoli dei colleghi che intervenivano.

A quanto pare le iniziative di lotta continueranno, i sindacati confederali hanno indetto per il 17 ottobre un’assemblea dei delegati di tutti i comparti della pubblica amministrazione, per discutere dell’esito delle assemblee e decidere le mosse successive.

Si è parlato quindi dell’eventualità dello sciopero e delle possibilità che ci sono di una sua riuscita.

E’ a quel punto che mi sei venuto in mente.

Perché ho pensato: se non sei venuto oggi, che è assemblea e quindi è pagata, che possibilità ci sono che tu faccia sciopero ? E anche nel caso tu fossi disposto a fare sciopero, verresti alla manifestazione ?

Ieri in piazza Duomo eravamo parecchi, qualche centinaio. Ci hanno detto che tutti i dipendenti degli enti territoriali della provincia siamo duemilacinquecento.

Oltre a te ne mancavano moltissimi.

Come mai non sei venuto ? Mi sono detto: avrà le sue ragioni.

E’ vero. Però le tue ragioni, in questo caso, mi interessano nello specifico, perché il mio futuro dipende anche da quello che decidi tu, da quello che fai e da quello che non fai.

Non sei venuto perché eri malato: allora mi dispiace molto per te, sei stato sfortunato due volte, perché oltre a perderti l’assemblea a cui avresti voluto partecipare, e magari intervenire, ti sei anche beccato un giorno di “arresti domiciliari” e di riduzione dello stipendio. La tua busta di ottobre sarà un po’ più leggera. Però so di poter contare su di te, che appena tornerai in servizio ti informerai su come è andata l’assemblea, su cosa si è deciso. E alla prossima non mancherai.

Non sei venuto perché non lo sapevi: una bella lavata di capo a chi ha indetto l’assemblea. Non bastano una mail ed un volantino al timbro. Bisogna rompersi le scatole e fare il giro di tutte le sedi esterne per essere certi di aver avvisato ed informato tutti i lavoratori. La prossima volta non dovrà succedere, sarai avvisato come tutti gli altri. Ti aspetto.

Non sei venuto perché avevi da fare: capisco. Ti dirò che avevo da fare pure io. Ho mollato il lavoro per un paio d’ore e sono andato all’assemblea. E’ un diritto conquistato proprio per permettere di discutere in orario di lavoro, quando tutti avrebbero altro da fare; però c’è una questione veramente importante ed è bene che tutti abbiano la possibilità di partecipare. Per farti venire alla prossima assemblea gli organizzatori potrebbero pensare ad un orario diverso, ad una sede a te più vicina, ad articolare le assemblee per zone. Per fare questo è però necessario che tu lo dica, che faccia presente che non puoi partecipare per motivi di servizio. In ogni caso so che ti informerai da chi c’è andato, perché non sei venuto perché non potevi, non perché non volevi.

Non sei venuto perché di assemblee nei hai già viste tante e sono tutte uguali: a volte mi viene proprio voglia di darti ragione. A volte. Poi mi viene subito la voglia di farle diventare diverse queste assemblee tutte uguali. Lo sai bene come sono: c’è un primo intervento lunghissimo del sindacalista che dovrebbe spiegarci la piattaforma, il contratto, le modifiche legislative, le linee dell’accordo o quello che è, ed invece si perde quasi subito, inizia a criticare il Governo, a dire che loro l’avevano detto, che il sindacato non può tollerare, che i lavoratori devono far sentire la propria voce. Poi segue un dibattito striminzito dei soliti due o tre che dicono sempre le stesse cose: quello che è pienamente d’accordo con l’intervento del sindacalista, quello che invece è totalmente contrario, quello che si stava meglio con la scala mobile e l’altro che propone una progressione orizzontale per tutti. Alla fine si vota, spesso senza nemmeno sapere su cosa, comunque è il miglior contratto possibile, non si poteva ottenere di più e andrà meglio la prossima volta: approvato a larga maggioranza con due contrari e tre astenuti. Ti dirò che l’assemblea di ieri non era affatto così, non aveva niente a che fare con il rito che conosci e che, forse giustamente, eviti. In ogni caso c’è un modo per far diventare l’assemblea un luogo vivo fatta per gente viva, non per zombie che alzano il braccio a comando quando il sindacato glielo chiede. Fatti sentire, dì la tua, esprimiti, obietta, intervieni, interrompi la liturgia e fai che sia un’occasione per far saltare i colleghi sulle sedie. Spero proprio di trovarti alla prossima assemblea e di sentire la tua voce.

Non sei venuto perché sei d’accordo le disposizioni della legge 133, oppure, all’opposto, perché pensi che i sindacati confederali che hanno convocato l’assemblea siano troppo morbidi: scusa se te lo dico ma questo motivo non mi convince. Lo stimolo alla discussione viene proprio dal confronto tra tesi diverse, che possono ovviamente divergere anche di parecchio rispetto alla linea di chi l’assemblea l’ha convocata. Non ti nascondo che un tuo intervento a favore della legge, magari a sostegno della politica portata avanti dal ministro, avrebbe riscosso una belle salva di fischi: lo sai anche tu, e forse è per questo che non sei venuto. Forse sarebbe stato accolto con freddezza anche un intervento tutto basato sulla lotta e magari condito con un attacco frontale al sindacato confederale come servo del padrone. Scusa se banalizzo, ma non sono in grado di esprimermi con toni più appropriati perché ieri non ti ho sentito, non ho avuto il piacere, e non è affatto una battuta, di ascoltare un intervento lontano da quello che penso. Parlandosi addosso ci si convince che tutto il modo la pensi allo stesso modo. Ovviamente non è così. La tua partecipazione non solo è gradita ma è addirittura benvenuta: ascoltare fa bene alla salute. Ti aspetto alla prossima.

Non sei venuto in piazza Duomo, però hai timbrato per l’assemblea e sei andato altrove: cosa ti dovrei dire ? Che quelli come te fanno un danno a tutti gli altri ? Che i diritti si esercitano nel modo consentito e non nel modo che più ci piace ? Chi sono io per farti la morale ? Però, allo stesso modo, chi sei tu per danneggiare un’intera categoria di lavoratori ? Le conseguenze del gesto individuale sono problemi tuoi. Il danno ai lavoratori è invece anche affare mio.

Non sei venuto per un altro motivo, che non è riconducibile ad uno di quelli che ho descritto fin qui: non saprò mai perché non sei venuto, e nemmeno me lo posso immaginare. Però ti ripeto che la tua decisione di non partecipare incide anche sulla mia vita, sul mio lavoro, sul mio stipendio, sulle mie giornate di malattia.

Ieri in molti hanno parlato dell’importanza dell’unità per sperare in una riuscita positiva della vertenza. L’unità dei lavoratori è la base su cui costruire qualsiasi piattaforma contrattuale e qualsiasi iniziativa di lotta: non vuol dire che tutti la dobbiamo pensare allo stesso modo o che dobbiamo rinunciare alla nostra individualità. Significa, all’opposto, che partendo dalle individualità dobbiamo cogliere quello che ci accomuna.

Serve anche il tuo contributo e, soprattutto, mi opprime la tua assenza.

Pistoia, 30 settembre 2008

Un collega


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