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Forum :: La vetrina di Penna d' Oca :: E' meglio essere precisi :: L’antifascismo dei fascisti ed il fascismo dei qualunquisti. |
Autore |
L’antifascismo dei fascisti ed il fascismo dei qualunquisti. |
Redazione1 |
21.09.2008 19:25
L’antifascismo dei fascisti ed il fascismo dei qualunquisti.
Per rispetto dei morti di ieri e di quelli di oggi.
Difficile stupirsi che un ministro della guerra come La Russa ed un
podestà di Roma come Alemanno approfittino dell’8 settembre (giorno
dello scioglimento al sole dell’esercito della monarchia fascista e
della speculare, e vittoriosa, nascita della Resistenza popolare) per
fare l’apologia delle camicie nere collaborazioniste dei nazisti.
Indignarsi sì, è doveroso, soprattutto con questa Italia di oggi,
ignorante o dimentica di un passato che rappresenta le fondamenta della
Repubblica e della Costituzione.
Difficile perfino stupirsi che – a differenza del capo degli ex (?)
fascisti, Fini, che da anni cerca sempre più solitario di proporre una
svolta del suo partito, puntando a collocarsi nel solco della destra
europea di tradizione liberale ed antifascista - il presidente del
consiglio Berlusconi liquidi la questione sbrigativamente: in fondo, i
peggiori fascisti sono sempre stati quelli che hanno approfittato e
strumentalizzato gli squadristi, lasciando a loro il lavoro sporco e
dedicandosi invece ai propri affari. La storia dell’Italia moderna è
(anche) la storia di classi dirigenti che sono state consecutivamente
monarchiche, fasciste, democristiane ed ora berlusconiane, disposte ad
accettare ogni compromesso, pur di mantenere le mani libere sulla
società e l’economia.
A volte (certo non sempre, né spesso…) è comprensibile parlare di buona
fede delle pedine del movimento fascista, parte delle quali ha chiuso
per tempo con quel passato, rendendosi conto del tragico errore. Ma non
è ammissibile parlare di buona fede per i profittatori, gli
opportunisti, i grandi e meno grandi burattinai. Quelli di ieri, come la
monarchia e le gerarchie statali, economiche e religiose del nostro
paese; quelle di oggi, che sputano sulla memoria del sacrificio di
antifascisti e partigiani e confondono con un interessato disinteresse
le ragioni e le colpe della nostra storia.
D’altronde, come lamentarsi se parte della stessa sinistra italiana –
iniziando dai postsocialisti di Craxi per finire con i postcomunisti
come Violante – ha cercato di accelerare una vana corsa verso il
“potere” gettando le proprie ragioni alle spalle nella smania di
legittimarsi e finendo per avvalorare le non-ragioni dell’avversario,
dal “superamento dell’antifascismo” alla “comprensione per i ragazzi di
Salò” fino alla moltiplicazione astronomica delle foibe e dei “triangoli
della morte”. Fra politici furbetti e storici alla moda si è fatto
strame di ogni principio e dato di fatto.
D’altronde da anni siamo arrivati ai paradossi: come quello dei fascisti
in abito buono diventati i migliori “amici” di Israele, mentre la
sinistra (quella che ha popolato i campi di concentramento ed i forni
crematori nazisti per prima, rispettivamente insieme ai portatori di
handicap ed ai pazienti psichiatrici, e poi agli ebrei, cristiani
evangelici confessanti, testimoni di Geova, omosessuali e nomadi) viene
accusata di antigiudaismo per la difesa dei diritti dei palestinesi,
vittime insieme agli ebrei dell’antisemitismo e del colonialismo
europeo. Vescovi nazisti sono stati proclamati santi (come il croato
Stepinaz), mentre ogni azione partigiana viene messa all’indice.
Intanto, nella nostra “civile” Italia postantifascista, si può di nuovo
dare la caccia liberamente agli omosessuali ed agli stranieri,
incendiando le loro case, ammazzandoli di botte per la strada o
facendoli morire come mosche nei cantieri, dove di “nero” ci sono
soprattutto i rapporti di lavoro. In un paese dove non si sono mai fatti
i conti con le centinaia di migliaia di vittime del colonialismo e delle
guerre italiane, ogni aggressione è derubricata dalla magistratura (ma
come si sono potute – a sinistra – sostituire le inchieste giudiziarie
alla lotta di classe?) a “futili motivi”, “ragazzate”, eccetera. Come
quando, decenni fa, ogni aggressione fascista era liquidata in questo
modo: finché non hanno cominciato ad esplodere le bombe delle stragi nere.
Di che stupirsi, appunto, quando ci sono politici come Bossi che hanno
fatto carriera parlando di armi e di violenza? Finché ci sono
giornalisti, come il direttore di Telepordenone, che di armi parla
sempre, invitando ad usarle? Con simili “educatori” in cattedra, come si
può escludere che qualche scemo ti ammazzi di botte per strada? Se
esprimere opinioni diventa sempre più spesso reato, incitare alla
violenza – evidentemente – è diventata un’opinione.
Gian Luigi Bettoli
P.s.: in tanta tristezza, la notizia della “fuga ingloriosa” dei
trafficoni che cercavano di arraffarsi Alitalia con la protezione del
governo di Bananaland, cacciati a furor di popolo da migliaia di
lavoratori festanti, è un raggio di luce. Meglio il fallimento, che
l’ulteriore massacro dei diritti dei lavoratori. Il neoliberismo
precipita in tutto il pianeta, insieme con i suoi finanzieri d’accatto.
C’è ancora speranza, se la gente è ancora capace di dire no.
Gigi Bettoli Spilimbergo <g.bettoli@itaca.coopsoc.it>
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