Redazione1 |
6.12.2009 23:10
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
A volte mi chiedo perché in Italia, come altrove, la cosiddetta
"meritocrazia" venga invocata solo nei riguardi dei lavoratori subordinati,
che sono sempre più soggetti e vincolati a parametri di efficienza
produttiva, evidentemente per costringerli a farsi sfruttare in modo
crescente, mentre tali principi meritocratici non valgono e non sono
applicati nei confronti dei livelli padronali, ossia i megadirigenti e i
supermanager che percepiscono compensi abnormi a prescindere dal rendimento
e dai risultati ottenuti. Si pensi, ad esempio, al caso dei quadri dirigenti
responsabili del fallimento dell'Alitalia o ad altri scandali e bancarotte
indubbiamente eclatanti nella recente storia nazionale.
E' evidente che un sistema economico sociale che pretenda di essere
meritocratico, solo a chiacchiere, non potrebbe conciliarsi con la realtà di
un paese clamorosamente ingiusto e sperequato, eccezionalmente sprecone,
corrotto e mafioso come l'Italia.
Il nostro Paese si regge su un assetto economico privo di ogni criterio di
giustizia sociale e materiale, di democrazia economica e di equa
redistribuzione del reddito nazionale, è uno Stato in cui si evidenziano
comportamenti furbeschi, spregevoli e cialtroneschi, in cui si registra il
primato mondiale dell'evasione fiscale, in cui si pretende di imporre ai
lavoratori, già fortemente precarizzati e sottosalariati, uno standard di
meritocrazia e di efficienza produttiva in senso unilaterale, rischia di
degenerare in modo ineluttabile, causando drammatiche iniquità ,
divaricazioni crescenti e sperequazioni assolutamente inaccettabili,
scatenando dunque contraddizioni sociali esplosive. A maggior ragione in una
fase storica contrassegnata da una gravissima recessione economica come
quella attuale, una crisi di sistema che è di natura strutturale ed è estesa
su scala globale.
Pensare (ingenuamente) di introdurre una concezione meritocratica in Italia,
come altrove, equivale a compiere una vera rivoluzione sociale e materiale,
etica e culturale.
Per adottare un regime di autentica meritocrazia, credo che occorra
promuovere una profonda trasformazione, in senso egualitario, della
struttura economico-sociale e della mentalità comune, attuando un
cambiamento epocale sul piano politico e culturale.
In altri termini, la vera meritocrazia è possibile e praticabile solo in una
società formata da lavoratori liberi ed uguali, in una societÃ
autenticamente comunista: "una società dove ognuno produce secondo le sue
possibilità e riceve secondo i suoi bisogni". Questo è un modello di
società estremamente meritocratica, prima ancora che democratica.
Dunque, l'antitesi tra comunismo e meritocrazia è solo apparente. Con buona
pace (e scandalo) dei ciarlatani e dei farisei dell'ideologia
filo-capitalista: mi riferisco ai falsi liberisti, ai finti apologeti e
fautori del sistema meritocratico quali, ad esempio, Berlusconi, Tremonti,
Brunetta e i loro lacchè.
Lucio Garofalo
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