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Forum :: Area laica e dintorni :: idea di Luigi Fasce :: Energia, gli Usa fan la parte del leone ghotto |
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Energia, gli Usa fan la parte del leone ghotto |
Redazione1 |
28.07.2006 09:20
Energia per la pace ovvero Sviluppo della Qualità non della Quantità
Gli Usa con il 5% della popolazione mondiale bruciano ogni giorno che il buon dio manda in terra il 25% dell’energia totale, in questi scarni dati sta la contraddizione che attanaglia prezzo del petrolio e produce il brodo di coltura del terrorismo.
Lo squilibrio fra consumo interno e produzione diventa sempre più acuto con l’avvicinarsi del picco di produzione mondiale e l’inizio della fase della riduzione delle riserve.
A seconda degli umori e delle diverse impostazioni metodologiche sia la Usgs (U.S. Geological Survey) sia la Eia (Energy Information Agency) oscillano nel collocare il picco tra il 2025 e il 2035.
Secondo Butler dell’Agenzia i giacimenti scoperti al largo dell’Africa Occidentale sommati a quelli dell’America Meridionale possono spostare ottimisticamente di qualche anno il picco, “forse non sarà l’Arabia Saudita ma certo è abbastanza per rimandare il picco della produzione mondiale al 2035”. Avete capito bene al 2035, detto da un forsennato ottimista dell’Agenzia americana dell’energia, mentre altri suoi colleghi lo spostano al 2030 o prima. Siamo nella migliore delle ipotesi a trent’anni dal collasso del sistema basato su petrolio/auto e assolutamente questo non è nell’agenda politica come il “problema”.
Bersani fa il liberista con taxisti e farmacisti non con il monopolio dei petrolieri mentre le riserve mondiali di petrolio non ancora scoperte sono contabilizzate in 900 miliardi di barili e quelle accertate arrivano a 1700 miliardi. Siamo a 2600 miliardi di barili di riserva con un consumo attestato su 75 milioni di barili al giorno oggi, ma con un trend di crescita molto forte, infatti, sono previsti 140 milioni di barili al giorno nel 2020. Di fronte a questo baratro annunciato i vari Bersani si applicano alla concorrenza minuta, non certo a quella impossibile del petrolio per questo sono semplicemente inadeguati come “liberisti”. Non sono politici, nel senso che non prevedono il contesto futuro e le necessarie strategie per affrontarlo, semplicemente fanno altro o nulla.
Di fronte a questo baratro annunciato non solo si pone il tema strategico della modificazione del nostro sistema energetico e soprattutto del nostro sistema di trasposto ma si delinea uno scenario di acutizzazione sociale e militare per i prossimi immediati anni.
Infatti, sia l’Opec ovvero Kuwait, Emirati Arabi, Iran, Iraq, Venezuela e Arabia Saudita sia i non Opec giocano al rialzo o meno dei propri fondi e delle riserve a seconda dei prezzi e delle opportunità politiche. Qualche tempo fa l’Arabia Saudita dichiarò dalla sera alla mattina che le proprie riserve erano passate da 167 miliardi di barili a 257 miliardi di barili.
Come sottolinea Campbell, un geologo dell’Amoco, c’è un decreto dell’Opec che stabilisce le quote da esportare per ogni paese in base alla dimensione delle riserve, per cui è evidente il gioco al rialzo dell’Arabia.
Chi può credere alle presunte autodichiarazioni di parte in causa come l’Arabia Saudita?
Ma c’è di più. Il gioco al massacro fra i vari produttori è iniziato da anni, da quando gli Usa, per esempio, consumano 23 milioni al giorno di buon petrolio e ne producono solo 17. Da lì inizia la strategia di svuotamento delle riserve degli altri per mettere contro il muro l’avversario e ucciderlo quando lui sarà esaurito e gli Usa potranno ancora avere petrolio.
Strategia miope e delirante, che è quella attualmente perseguita dal Bush-pensiero e dalla sua banda di “petrolieri”.
Siamo nella fase finale del modello “petrolio-auto” e i padroni del petrolio si arroccano e comandano direttamente e militarmente il mondo.
È evidente che questa strategia richiede la militarizzazione del territorio perché gli altri non sono così contenti di vedersi svuotare le riserve mentre sta finendo il prezioso liquido e su questo si costruisce la sopravvivenza umana.
Qui sta il nodo, qui sta la matrice della guerra.
A questo si aggiunge la crescita a ritmo folle di Cina ed India che diventano voraci divoratori di energie acutizzando prezzi e tensioni geopolitiche per il controllo delle riserve e delle rotte dell’energia nel mondo.
Di fronte a questa violenta spirale il processo di pace si apre con una nuova strategia non di sviluppo ma di “cooperazione” per la decrescita anzi attraverso la cooperazione e la critica al modello di sviluppo su cui siamo seduti.
A questo bisogna rispondere, disinnescando il timer del picco del petrolio semplicemente spostando fu un altro modello il rapporto energia-vita.
Per questo che da qualche parte del mondo magari proprio nei cosiddetti paesi in via di sviluppo deve iniziare una radicale innovazione basata sull’energie rinnovabili come mappa per ridisegnare sia il rapporto trasporto energia sia il rapporto energia-sistema urbano.
Il programma della sinistra deve avere al centro questo elemento questo linea guida sia per affrontare seriamente la questione della pace sia per impostare rigorosamente una politica che sia Politica, che affronti cioè i nodi della nostra sopravvivenza, aprendo un nuovo modello di cooperazione con i paesi in “via di sviluppo” evitando anche a loro il nostro percorso ed utilizzando la loro domanda di “sviluppo” per ribaltare il nostro.
Si tratta in altre parole di impostare la domanda di “sviluppo” come economia di scala ribaltata per aprire una nuova fase dove apprendere insieme ad innovare e modificare sistema energetico e domanda collettiva, sistema energetico e bilancio della qualità ambientale.
La crisi del modello oilo-petrolio apre una nuova fase del processo di cooperazione Nord-Sud in quanto quest’ultimo diventa l’economia di scala della possibile riconversione alle energie rinnovabile in quanto meno soggetto del Nord del mondo a quanto modello, in questa dinamica si scombina il gioco e la geopolitica del mondo ritrovando la strada per uno SVILUPPO della qualità piuttosto che della quantità.
Oscar Marchisio 26-07-2006
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