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Forum :: Area laica e dintorni :: idea di Luigi Fasce :: Genova, mare,paesaggio, memoria di O.Marchisio |
Autore |
Genova, mare,paesaggio, memoria di O.Marchisio |
Redazione1 |
18.12.2006 09:14
Mare, paesaggio, memoria: il linguaggio del bene comune
(intervento di Oscar Marchisio per il convegno sui Porti del 15 dicembre)
È ritrovata.
Che? L'eternità.
È il mare mescolato al sole.
Rimbaud, L"eternità
Intanto grazie di permettermi l’intervento in questo convegno perché mi riempie di nostalgia e la nostalgia è lo strumento di navigazione più sicuro perché permette di seguire la rotta nella nebbia, al buio, di giorno e di notte.
Obiettivo l’amata perla del ponente ligure, ahimé infangata e offesa dalla stupidità umana, si dalla stupidità ancor prima che dalla speculazione e affaristica frenesia della immobile borghesiuccia locale.
Infatti anche da un punto di vista commerciale abbiamo bisogno di coste e paesaggio per attrarre turismo di qualità e pronto a spendere, invece le operazioni di seconda e terza casa camuffate da porticcioli distruggono la possibilità stessa di avere turismo e di avere dunque utenza anche negli attuali porti.
Ma cosa pensano i vari Ruggeri di permettere tutta la cementificazione della costa ligure e poi 'sti dannati del diporto cosa faranno? Si sposteranno da un porto all’altro come in un parcheggio.
Si noi siamo per il turismo e per il turismo anche del diportista ma che, vivvaddio, possa avere il mare e dal mare godere, si godere del paesaggio e della nostra costa materiale base della nostra memoria.
Ma oltre al turista pensiamo al mare come bene comune, come luogo che alimenta il nostro immaginario e del nostro respiro e l’onda anomala che ha colpito il savonese il 9-12 ci ricorda che sta cambiando il clima violentemente e che il mare sarà il sensore e lo spazio di questo cambiamento.
La difesa della costa e del rapporto fra mare e montagna è così naturale nel nostro territorio perché è linguaggio della memoria e la memoria è un territorio collettivo, per questo mettere al centro della nostra azione il paesaggio e il mare vuol dire dare al bene comune quella centralità dinamica che permette la produzione dell’identità.
Abbiamo bisogno dio memoria e lingua per raccontare e raccontarci.
I luoghi ci parlano, anzi come rivendica Michael Drayton nella sua opera il Polyolbion del 1612, sono i luoghi stessi, come "loci” a parlare.
È infatti proprio con Drayton che per la prima volta nel clima conflittuale dell’Inghilterra del 600 che i “luoghi”, il territorio rivendicano il diritto a poter “parlare”, senza la validazione della monarchia e senza la necessità di residui delle particolarità medievali.
Nasce con i geografi olandesi ed inglesi la dignità autonoma del “territorio”, indipendente dalla volontà divina e della monarchia e svincolata dai privilegi feudali.
Così dobbiamo liberarci dal feudalismo della nostra provincia che non ha mai purtroppo conosciuto il liberalismo inglese.
Certo la rappresentazione cartografica del mondo, la nascita dell’atlante di Ortelio e di Hondius sono veri e propri “Teatri”entro cui si rappresenta il dramma dell’espansione europea nel mondo.
Con il “Theatrum orbis terrarum” di Abramo Ortelio del 1570 abbiamo senz’altro il paradigma spaziale entro cui la Compagnia delle Indie Orientali ha potuto sviluppare la sua aggressiva politica colonialista e allo stesso tempo abbiamo la laicizzazione del territorio.
Borghesi, commercianti, agricoltori possono raccontare il proprio territorio senza doversi appellare a chiese, re o feudatari.
Come sempre con la nascita del capitalismo si apre un doppio percorso di repressione e di liberazione e la geografia ne è fedele testimone e complesso emblema, sviluppando la cartografia come segno anticipatore e “machina” operativa.
Ecco nel nostro caso in provincia di Imperia è ancora mancata la rivoluzione borghese che libera il territorio dai vincoli e dai blocchi mediavali. Dobbiamo aprire il territorio e innovare dai limiti della nostra borghesiuccia il nuovo ruolo del paesaggio e del mare come bene comune.
Come il GPS rivela un origine militare del controllo del territorio e apre nello stesso tempo la possibilità di una mobilità autocontrollata, così con l’atlante si inizia la colonizzazione e si apre la voce al territorio.
Carte e stampa: così nasce alla fine del cinquecento la fase entro cui il territorio può “parlare”.
Per parlare si articola un linguaggio che nasce attraverso nuovi codici come mappe e carte, gli strumenti del potere.
Questa parola trova un nuovo livello di interazione che si esprime nella forma cartografica come metalinguaggio e artifizio.
Attraverso questa parola chiusa nella cartografia si rischia l’estinzione della memoria mentre la parola che racconta e attraversa un paesaggio con l’identità e i soggetti sociali lascia lo spazio al futuro. Mentre la cartografia e le mappe sono alle radici del paradigma spaziale entro cui l’assolutismo e la globalizzazione hanno sussunto il mondo, altrettanto i porticcioli e la cementificazione della costa distruggono la memoria e la lingua del nostro paesaggio cioè la nostra identità.
La cartografia delle due dimensioni annullava i corpi e poneva le premesse per la distruzione totale delle persone, costruendo lo spazio astratto entro cui ridusse il mondo la televisione anzi la mondovisione,
Infatti il bidimensionale televisivo è la vera cartografica attuale dove le esigenze dei corpi sono totalmente espunte per cui la mondovisione è cartografia del capitale, la mondovisione significa la raggiunta sussunzione della omogeneizzazione dello scambio, la mondovisione è astrazione e negazione della varietà e del biologico, la mondovisione manifesta la rappresentazione fisica e simbolica della sussunzione scambista e capitalista.
Rispetto alla cartografia astratta come alfabeto interno del capitale, irrompe però anche il grande Cabeza de Vaca che si spoglia della mappa europea e abbraccia la complessità dell’altro come irriducibile alla mappa, alla piatta astrazione della cartografia.
Questa gestualità di Cabeza che intraprende il suo viaggio vero e fisico alla conoscenza dell’altro, rompendo la repressione cartografica quantitativa è la porta verso la”geografia conviviale”, come mappa e alfabeto dei soggetti in carne ed ossa.
Sta dentro alla contraddizione capitalista la laicizzazione del territorio con la deriva astratta da una parte e l’azione, gli usi e i corpi irriducibili dall’altra.
Valore di scambio da un lato e al valore d’uso dall’altro come paradigmi base per leggere il territorio e la sua cartografia.
Si contrappone la valorizzazione, come astratta distillazione del territorio rispetto alla geopolitica del lavoro vivo ed alla sua conformazione.
Di qui il paesaggio e la memoria e il mare che attraversano la comunità anzi vivono e gioiscono come lingua dei soggetti sociali, “corporali” trasversali e “particolari”.
Abbracciamo i corpi e non il cemento.
Oscar Marchisio
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