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Polifonica Land, Prefazione di Guido Tampieri
31.05.2007
Polifonica Land  è il nuovo libro di Oscar Marchisio scritto assieme a Italo Cocci,
per i tipi di  Edizioni Socialmente,
che a giugno verrà presentato in anteprima nazionale a Sanremo.
La prefazione è scritta da Guido Tampieri, Sottosegretario al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
http://www.socialmente.name/index.php?mod=12&idli=3

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Polifonica Land
Prefazione di Guido Tampieri

Il futuro immaginato ha occhi multicolori, espressione di una cultura della differenza. La sola risposta all’omo-logazione dei pensieri e delle azioni. Che sia anche un futuro possibile dipenderà da molte cose, ed in primo luogo della nostra capacità di tracciare sentieri nella foresta.

Il futuro è sperimentazione senza modelli. Fermare l’inevitabile non si può. Dagli argini, regole si.

La globalizzazione, la multilocalizzazione, l’interdipen-denza, la mobilità, sono il modo di organizzarsi della produzione e del commercio. In un mondo nel quale lo spazio è diventato improvvisamente più grande ed il tempo più piccolo.

Molti dei problemi legati alla globalizzazione si sono verificati per la nostra incapacità di governarne le dinamiche. La concorrenza globale scompone ceti, deprime i redditi di una sub borghesia mondiale, omologa comportamenti e stili di consumo, abbassa i prezzi delle materie prime fino a compromettere le condizioni che sono alla base della riproducibilità dei sistemi territoriali agricoli.

Nasce un nuovo contado globale, deputato alla produzione di commodities. Nei paesi emergenti le campagne accerchiano le città, ponendo il problema di come trattenere in ambito rurale quote importanti di popolazione.

In quelli sviluppati sono le città ad accerchiare le campagne, sottraendo e scomponendo spazi, alterando luoghi, contaminando culture, minacciando condizioni ma anche, avvicinandosi, toccandosi, suscitando domande, richiamando attenzioni. L’onda secolare dell’omologazione rischia di spazzar via le agricolture omologate. I prodotti apolidi, senza terra e senza storia, cedono alle ragioni competitive del più forte.

La nostra prospettiva, la prospettiva di una agricoltura che conosce traiettorie diversificate, legate ai caratteri territoriali e al contenuto identitario delle produzioni è invece lì, nell’incrocio tra nuovi diritti e nuovi bisogni, da cui nascono nuove opportunità. Il fiume della globalizzazione scava alvei nei quali si raccolgono le domande che esso fa sorgere per contrapposizione.

L’innaturalità genera la richiesta di naturalità, l’omolo-gazione suscita un richiamo all’identità. Si sente spesso parlare di ritorno, alla tradizione, al gusto. Quasi che ci fosse una sorta di condizione di natura alimentare.

E non fosse, invece, tutto influenzabile e influenzato. Il gusto, la cultura, che cambiano continuamente, per necessità, per scelta, per inerzia. La gerarchia dei bisogni, l’idea di benessere, individuale e sociale, le condizioni del benessere, individuale e collettivo.

Per la prima volta nella storia del mondo - scrive Ulrich Beck - tutte le persone, tutte le popolazioni hanno un presente comune. Non esiste più il mondo nel quale ogni cultura, gruppo, sistema forma il suo luogo geografico esclusivo. Viviamo in una "inevitabile vicinanza mescolata universale". Ora più che mai la cultura è qualcosa di originariamente impuro, il prodotto di un intreccio di culture diverse. Le identità vengono rimodellate in decostruzioni creative (Shumpeter). Non c’è nessun ritorno.

I bisogni del XXI Secolo sono nuovi come i modi di corrispondervi. Se così fan tutti è una buona ragione per fare una cosa diversa. Non per stare fuori dal sistema ma per restare dentro, per sopravvivere nel sistema globalizzato. Il modo italiano di stare nella globalizzazione del cibo, raccordando, a nostra volta, il gusto del cliente e il percorso di produzione - fornitura.

Lo stesso percorso, la stessa, indispensabile filiera che unisce tutti i prodotti al consumatore ma differente, nel presupposto, nel contenuto, nel linguaggio. La tradizione è l’innovazione che meno si consuma. A condizione che sia valida e che sappiamo valorizzarla. E arricchirla preservandone le radici, la verità centrale della provenienza e dei caratteri del prodotto.

Pochi prodotti possono sottrarsi alla tirannia del prezzo. Nessuno può sottrarsi alla verifica dell’efficienza organizzativa. Perché le merci non vanno da sole al mercato, tanto più quelle che sono portatrici di significati differenti.

L’identità composita del Made in Italy, è fatta di prodotti unici e di prodotti di qualità non unici. Origine, identità, competitività, comunque perseguita, non sono sinonimi. Il percorso di affermazione passa attraverso tre fattori: regole, riconoscibilità, organizzazione. Per governare un grande processo di cambiamento bisogna produrre innovazione strategica e, correlata ad essa, innovazione istituzionale e strumentale.

Un’agricoltura polifonica richiede forme di governance flessibili, la fine di ogni centralità, la conquista ad un’idea di compenetrazione funzionale degli interventi. Il tema da svolgere non è la separazione, ma la ricomposizione: tra economia e ambiente, tra uomo e tecnica, tra differenti profili istituzionali. La preservazione delle condizioni che sono alla base degli equilibri territoriali scossi da questa transizione richiede attenzioni sociali importanti.

Il patto con cui la società chiede alla sua agricoltura di produrre beni e valori socialmente rilevanti in cambio di attenzioni normative e finanziarie non è stato ancora suggellato. Il cerchio non è chiuso. Non è il solo. Il fast, l’ac-celerazione del tempo, la costrizione dei tempi, l’"impos-sibilità di essere normali" è, forse, assieme al potere della tecnica, il carattere più rilevante delle società moderne. È una condizione culturale e psicologica, che investe l’orga-nizzazione della vita prima che il rapporto con il cibo.

Sarà difficile vincere la battaglia con il consumatore per conquistarlo ad una  idea di qualità, ad un costume di attenzione, ad una sensibilità di co-produttore, se si perde quella a favore del cittadino, ridotto ad una sineddoche passiva da influenzare.

Davvero, allora, ciò di cui stiamo parlando non è solo cibo.

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