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I cattolici USA e l'11 settembre
11.09.2006
"Cinque anni fa 19 fanatici religiosi, memori delle Crociate e pieni di odio per gli Stati Uniti, misero il mondo sottosopra. O forse siamo stati noi. È difficile, cinque anni dopo, dire chi è stato il maggiore responsabile".

Una riflessione amara e fortemente critica, quella che la suora benedettina Joan Chittister ha affidato alle colonne della rivista Sojourner in occasione dell'anniversario dell'attacco al World Trade Center. E il quinquennale dell'attacco è per i cattolici americani l'occasione per fare un bilancio di cinque anni passati all'ombra della ‘Guerra al terrorismo' e del sempre minacciato ‘scontro di civiltà', con un occhio alle elezioni di medio termine del prossimo novembre che dovrebbero segnare l'inizio della riscossa dei Democratici: ma i giudizi, finora, non sono incoraggianti.

La Chittister, columnist del settimanale cattolico americano National Catholic Reporter, intitola la sua riflessione "Il mondo è cambiato? O lo siamo noi?". Secondo la benedettina, "il mondo non doveva necessariamente cambiare" con l'11 settembre e nemmeno con l'intervento in Afghanistan: il colpo decisivo lo hanno dato gli americani, con la decisione di attaccare unilateralmente e senza prove chiare l'Iraq. Da allora, "il mondo ha scelto da che parte stare, e la maggior parte è contro di noi" e quello che un tempo era "il Paese più aperto del mondo" è diventato una nazione "sotto assedio". La guerra lanciata contro "i fantasmi di 19 uomini" dura ormai da più tempo di quanto fosse durata la guerra contro la Germania nazista e ha provocato 18.000 feriti, 10.000 disabili e 2.500 morti.

Nel suo impietoso ritratto, suor Chittister ricorda i tagli in bilancio a sanità e istruzione mentre le spese militari sono alle stelle, la riduzione delle libertà personali, i programmi di intercettazioni clandestine predisposti dal presidente Bush, gli attacchi alla Costituzione americana. Alla fine di tutto ciò, l'unico risultato è quello di aver "dato per davvero ai radicali qualche cosa per cui combattere".

Diversa nei toni, ma non nella sostanza, l'analisi della rivista dei gesuiti America: nell'editoriale, non firmato, del numero in uscita proprio l'11 settembre, viene messo in risalto il ruolo centrale dato dall'amministrazione repubblicana del presidente George W. Bush a "sicurezza nazionale" e "guerra al terrorismo". E i fallimenti del governo statunitense proprio in questi campi devono far riflettere l'elettorato americano: "Possiamo fidarci di quelli che difendono un presidente che ci ha condotto ad una simile debacle? È possibile aspettarsi che chi ha costantemente sbagliato il giudizio sulla situazione in Iraq possa finalmente darne uno giusto? Possiamo fidarci di leader che si rifiutano di imparare dai loro errori?". La vera domanda che "tormenta la nazione" è insomma: "Dov'è la prova che la guerra in Iraq, la più grande impresa anti-terrorismo del governo, abbia aumentato la nostra sicurezza?".

La risposta è che gli Stati Uniti "hanno perso la loro statura morale e galvanizzato i suoi molti e diversi avversari". Il costo di vite umane è enorme, così come quello economico, e l'aspirazione a costruire in Iraq una società democratica si è rivelata nient'altro che un "sogno vano".

da www.adistaonline.it
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