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D'Ambrosio: Oggi il nemico è il magistrato non il corrotto
5.08.2003

«Quando si parla di riforma dell’ordinamento giudiziario presentadola come una minaccia per la magistratura e non come un progetto di riorganizzazione per render e più rapida la giustizia, non si può sperare che il fenomeno corruttivo si plachi».

Gerardo D’ambrosio, ex procuratore capo della Procura di Milano, non si stupisce di fronte ai dati emersi dall’inchiesta commissionata da Confesercenti. Guarda agli ultimi sviluppi della guerra alle «toghe rosse», come le chiama il premier Silvio Berlusconi, ed ai ripetuti avvisi di nuovi attacchi autunnali, come ad una conferma ulteriore del sovvertimento delle regole.

«Se il governo attacca i magistrati, soprattutto quelli che perseguono i reati contro la pubblica amministrazione, tutti si sentono autorizzati, in qualche modo, ad abbassare l’attenzione e la tensione verso fenomeni come quello della corruzione che ai tempi di Mani pulite aveva fatto dire basta agli stessi imprenditori», dice.

Dottor D’Ambrosio, gli imprenditori dicono che il fenomeno della corruzione gode di ottima salute ed è destinato a progredire. Dunque, non è cambiato nulla?

La corruzione cerca e trova omertà, un omertà naturale tra corruttore e corrotto i quali si prefiggono, entrambi, di raggiungere un vantaggio. Ecco perché è difficile da sconfiggere. D’altra parte le indagini che vengono fatte su questo fenomeno hanno di nuovo fatto emergere questo aspetto, come ha dimostrato l’inchiesta ancora in corso sull’Anas. Noi abbiamo sempre sostenuto che era necessario incidere veramente, cambiando le norme, rendendo più rigide le pene per corrotti e corruttori.

Invece?

Invece ancora oggi l’imprenditore preferisce pagare la tangente per superare gli ostacoli burocratici, le difficoltà e la propria inadeguatezza tecnologica e professionale. Ci troviamo di fronte agli stessi meccanismi e alle stesse spiegazioni che fornivano ai tempi di Mani Pulite.

Quindi bisognerebbe ripartire da lì, dalle norme?

Se ne è parlato tantissime volte, prima dei suicidi di luglio di Cagliari, e di Raul Gardini. Prima dell’inversione di tendenza, quando la condanna del fenomeno era netta, decisa, anche da parte della classe dirigente politica, si discuteva di norme più severe, di responsabilità tout court di chiunque cercasse di pagare la tangente. Poi, è cambiato il clima, l’atteggiamento verso il lavoro dei magistrati, proprio quando gli stessi imprenditori avevano capito che la corruzione era un danno per tutti, non solo per i cittadini, ma per le imprese stesse perché non contavano la preparazione, la tecnologia, il prodotto che si offriva. Contava avere gli agganci giusti e sborsare denaro.

Oggi, a distanza di anni da Tangentopoli, secondo gli imprenditori, si sta tornando alla pratica della mazzetta, ma sembra che non faccia più notizia...

È ovvio: non c’è più la stessa tensione di allora e questo è il grande danno. Dal momento in cui è iniziata l’opera di delegittimazione della magistratura, proprio perché ha tentato di estirpare quel cancro, la corruzione non è più stato considerato un problema reale, frutto di tutte le società evolute. L’inversione di tendenza di cui parlavo prima è stata, poi, ulteriormente esasperata quando è stato colpito il presidente del Consiglio nel 1994. Oggi si ferma la magistratura, non la corruzione.

Quindi, secondo lei, gli imprenditori sono stimolati da questo clima?

Di fatto oggi chi persegue quei reati viene considerato dal potere centrale come un nemico, un avversario da colpire. Tutto quello che è avvenuto negli ultimi tempi non favorisce la lotta alla corruzione, perché sono i magistrati a finire sotto inchiesta per il lavoro che fanno. Questo è il messaggio che arriva all’opinione pubblica e in questo modo si ingenera la convinzione che le indagini non saranno pregnanti come ai tempi di Mani pulite. L'atteggiamento di questo governo è chiaro. Ecco perché la previsione che fanno gli imprenditori di un aumento del fenomeno corruttivo è assolutamente plausibile. Trova fondamento proprio sulla base di questo continuo attacco alla magistratura. C’è stata una progressione in tal senso tanto che oggi si usa l’argomento di riforma dell’ordinamento giudiziario come una minaccia.

da www.unita.it

 

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