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Internet tra sicurezza e normalizzazione (di Stefano Rodotà)
16.01.2009
CHI stabilisce le regole della democrazia planetaria? Quali poteri si dividono il governo del mondo? Queste domande possono sembrare eccessive. In realtà riflettono problemi concreti e inquietudini sul futuro di cui si discute intensamente nelle più diverse sedi internazionali, e sarebbe opportuno che qualche eco giungesse anche nel povero cortile italiano. Stanno cambiando volto i diritti delle persone e il rapporto tra tecnologia e democrazia, si fa più acuto il conflitto tra eguaglianza e esclusione, libertà antiche e nuove sono sfidate da mille prepotenze.

Per la prima volta nell'Internet Governance Forum dell'Onu, svoltosi nel dicembre scorso a Hyderabad, la maggioranza delle sessioni è stata dedicata al tema dei diritti, monopolizzando quasi l'attenzione degli intervenuti. è il segno d'una maturità raggiunta o d'una crescente preoccupazione? Forse la vera ragione di questo mutato atteggiamento va cercata nella consapevolezza ormai diffusa dell'insostenibilità di un "ordine privato del mondo", affidato alla sola logica del mercato, accompagnato dal rafforzarsi di un ordine "securitario" e da inquietanti presenze della sovranità nazionale. Tutti fenomeni unificati da un dichiarato disprezzo per ogni controllo, da una deliberata eclisse dei diritti.

La forza delle cose, con gli effetti devastanti della crisi economica e finanziaria, ha messo in discussione una ideologia, ha posto fine ad un'epoca in cui l'unica parola d'ordine era "deregolazione". E' crollata un'intera architettura planetaria, s'invocano regole dove prima si pretendeva che i privati avessero le mani completamente libere. Stiamo così assistendo ad un singolare ritorno del diritto, come spesso accade nei tempi di transizione. Era avvenuto all'indomani della caduta del Muro di Berlino, quando si pensava appunto che un condiviso sistema di regole dovesse prendere il posto dell'"equilibrio del terrore" (e si è detto, poi, che il disordine della Russia post-sovietica, e il suo esito autoritario, sono derivati proprio dall'aver affidato tutto alle pure dinamiche di mercato, senza preoccuparsi di una adeguata costruzione istituzionale). Oggi la questione è di nuovo all'ordine del giorno. Ma che cosa dev'essere regolato, e come?

Se il mondo dell'economia e della finanza è stato pervertito dal fatto che non si negoziava più "all'ombra della legge", pesantissimo invece è stato l'intervento degli Stati con norme repressive delle libertà individuali e collettive, giustificate con l'argomento, o il pretesto, della lotta al terrorismo e alla criminalità. Identico, però, il risultato. Sacrificio dei diritti, poteri fuori controllo, uso spregiudicato della dimensione globale. Se le operazioni speculative percorrevano il mondo e si delocalizzavano selvaggiamente le imprese, la stessa tecnica è stata utilizzata per il ricorso alla tortura, con la "delocalizzazione" delle persone da Stati che si proclamavano esportatori di democrazia a Stati che accettavano il ruolo di torturatori, i veri "Stati canaglia" del nostro tempo. Se l'ordine interno e internazionale dev'essere riportato alla regola della democrazia, del rispetto dei diritti e del controllo d'ogni forma di potere, questo deve avvenire in ogni caso. I diritti non sono divisibili, non possiamo vivere in un mondo in cui si ripristina un po' di legalità nell'ordine economico e si continua ad accettare la compressione delle libertà civili, anche perché vi sono intrecci che non possono essere sciolti se non si agisce su tutti e due i versanti.

Leggiamo le conclusioni di un recentissimo rapporto commissionato dal Consiglio d'Europa. Dopo aver sottolineato che spesso il riferimento al terrorismo è solo una "giaculatoria" di comodo, si rileva che "in troppi casi le leggi e le azioni politiche adottate sono sproporzionate e sono state usate in maniera abusiva, non per tutelare la sicurezza pubblica, ma piuttosto gli interessi politici dei governi. Gli organismi internazionali hanno messo a punto strumenti non equilibrati e che non garantiscono adeguatamente i diritti fondamentali. E ciò è dovuto, almeno in parte, al fatto che i peggiori governi sono stati i più convinti sostenitori di una espansione di questi strumenti internazionali per giustificare i loro abusi interni". Il rapporto è in buona parte dedicato alle limitazioni della libertà di espressione, e consente di cogliere bene gli intrecci tra compressione di diritti fondamentali e interessi di mercato.

(15 gennaio 2009)

da www.repubblica.it


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