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Referendum, nella Chiesa servirebbe dialogo, umiltà e fiducia
2.06.2005

Referendum, nella Chiesa servirebbe dialogo, umiltà e fiducia
Parte da Padova e raccoglie adesioni in tutta Italia un appello per chiedere alla Chiesa un atteggiamento di dialogo, umiltà e fiducia rispetto ai temi al centro del referendum del prossimo 12 giugno. Un appello che in poche ore è già stato sottoscritto da 125 persone.
Fra le prime adesioni, spiccano quelle dell'animatore della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova don Andrea Gallo, del biblista don Paolo Farinella e del sacerdote padovano fondatore di Beati i Costruttori di Pace don Albino Bizzotto, nonchè di altri 18 fra preti, religiosi e suore. A firmarlo però sono anche molti laici, in difficoltà con il comportamento dei vertici della Chiesa italiana.
"Ponendo il problema tra chi è per la vita e chi no, - si legge nell'appello - si fa della legge un assoluto e la si trasforma in una verità di fede. La legge 40 così non è più una legge dello Stato italiano, ma una “legge per la vita” della Chiesa cattolica. Così, su chi va a votare sì al referendum, viene pronunciato il giudizio di non essere per la vita. Su chi, tra i cattolici andrà a votare cadrà il pre-giudizio di essere per il sì e soprattutto di essere disobbediente non in comunione con la Chiesa. Proprio la novità, la complessità, la estrema delicatezza delle problematiche legate all’origi-ne della vita avrebbero dovuto spingerci a dialogare con umiltà e fiducia con tutti, per condividere conoscenze e responsabilità, perplessità e preoccupazioni, mettere in risalto i rischi, ma anche sostenere e incoraggiare chi ricerca con onestà e amore per l’umanità".
L'appello ricorda anche che sono moltissime le persone in difficoltà e in ricerca su questi temi e che il clima risulta avvelenato, con posizioni contrapposte e con "segnali di intolleranza verso chi tenta di rimanere in dialogo con tutti".
"Molti cattolici, - si legge - obbedendo ed astenendosi dal voto, si sentiranno a posto in coscienza (dalla unica parte giusta perché per la vita e tutti gli altri dalla parte sbagliata) in realtà rimarranno semplicemente nell’ignoranza e nella incapacità di confrontarsi e motivare le loro scelte.
Molti laici si contrapporranno con ancor più risentimento alla Chiesa per l’invasione indebita nella laicità dello Stato, esprimendo intolleranza verso le posizioni politiche dei cattolici". Da dove viene alla gerarchia ecclesiastica - conclude l'appello ricordando che anche Gesù si è affidato alla libertà dei discepoli - questa concezione della minorità di tutti coloro che credono in Cristo, responsabili assieme a loro di tutte le scelte della Chiesa?".
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Referendum, nella Chiesa servirebbe dialogo, umiltà e fiducia
APPELLO


“La vita non si può mettere ai voti”. È questo lo slogan del volantino diffuso nelle chiese cattoliche domenica scorsa.
No, care sorelle e fratelli: questo è uno stravolgimento fondamentalista della realtà. Nessuno va a votare sulla vita, ma semplicemente su alcuni punti della legge 40 sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Nessuna legge è assoluta ed eterna, nessuna è perfetta e immodificabile. Ponendo il problema tra chi è per la vita e chi no, si fa della legge un assoluto e la si trasforma in una verità di fede. La legge 40 così non è più una legge dello Stato italiano, ma una “legge per la vita” della Chiesa cattolica. Che faranno i cattolici degli altri paesi europei dove la legge è ben diversa e dove già si recano coppie, anche cattoliche italiane? Così, su chi va a votare sì al referendum, viene pronunciato il giudizio di non essere per la vita. Su chi, tra i cattolici andrà a votare cadrà il pre-giudizio di essere per il sì e soprattutto di essere disobbediente non in comunione con la Chiesa.
Proprio la novità, la complessità, la estrema delicatezza delle problematiche legate all’origi-ne della vita avrebbero dovuto spingerci a dialogare con umiltà e fiducia con tutti, per condividere conoscenze e responsabilità, perplessità e preoccupazioni, mettere in risalto i rischi, ma anche sostenere e incoraggiare chi ricerca con onestà e amore per l’umanità.

Sono moltissime le persone, cattoliche e laiche, che sono in difficoltà e in ricerca, perché si sanno ancora non sufficientemente informate e vorrebbero trovare momenti e luoghi per un sereno, aperto confronto e dialogo con tutte le posizioni e con tutte le sensibilità. Oltre a respingere il giudizio di non essere per la vita, molti laici lamentano che la proposta e la pressione per l’astensione impediscono di fatto la possibilità di confronto e di dialogo.

Invece ora tutto è concentrato sul risultato del referendum, tutto l’impegno e l’attenzione sono puntati sul risultato dei rapporti di forza e non sulle problematiche in questione.

Così il clima si avvelena e ci troviamo ancora una volta nel mezzo di due schieramenti che vedono contrapposti madre ed embrione, mondo cattolico e mondo laico. Anche gli incontri di informazione sono accuratamente separati, per ascoltare solo le ragioni della propria scelta, con segnali di intolleranza verso chi tenta di rimanere in dialogo con tutti.

Molti cattolici, obbedendo ed astenendosi dal voto, si sentiranno a posto in coscienza (dalla unica parte giusta perché per la vita e tutti gli altri dalla parte sbagliata) in realtà rimarranno semplicemente nell’ignoranza e nella incapacità di confrontarsi e motivare le loro scelte.

Molti laici si contrapporranno con ancor più risentimento alla Chiesa per l’invasione indebita nella laicità dello Stato, esprimendo intolleranza verso le posizioni politiche dei cattolici.

Si fa presto da parte di esponenti della gerarchia ecclesiastica accusare gli altri “di pregiudizi e di una campagna fatta di slogan ingannevoli”. È un’accusa reciproca e sempre più pesante.



Ma come Chiesa possiamo porci in concorrenza o metterci in contrapposizione con il resto della società? Da dove ci viene questa sfiducia nei confronti di chi ha altri riferimenti per esprimere la sua umanità, sapendo che Dio è presente e si rivela in ogni persona? Se anche venisse mostrata intolleranza nei nostri confronti non dovremmo comunque comportarci da fratelli?

Siamo nei giorni della Pentecoste. Perché quello che celebriamo non fa parte del nostro modo di fare storia? Lo Spirito e la responsabilità storica di testimoniare Gesù risorto sono affidati a tutti i discepoli, a tutta la comunità dei fratelli e non alle “guide” soltanto. Da dove viene alla gerarchia ecclesiastica questa concezione della minorità di tutti coloro che credono in Cristo, responsabili assieme a loro di tutte le scelte della Chiesa? E pensare che nel Vangelo Gesù non usa mai la parola obbedienza nei confronti dei discepoli e fin dall’inizio il Risorto si affida totalmente alla loro libertà.



Padova, 28 maggio 2005


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