4.02.2007
LA VITA IN FUMO
di Antonio V. GELORMINI
Doveva essere la festa dell’orgoglio siciliano. Per la prima volta Palermo e Catania si misuravano per accreditarsi nell’élite del calcio europeo. Il preambolo all’avvio dei festeggiamenti per Sant’Agata, la santa patrona venerata sotto l’Etna e qualcuno aveva implorato anche l’intervento di santa Rosalia, la “collega” palermitana, perché tutto filasse liscio.
E’ stata la celebrazione della vergogna siciliana, il dramma e lo sconcerto per la violenza inaudita. La perdita di una vita, spenta tra fumi e botti maledettamente veri. Altro che festa patronale. Qui i santi non c’entrano. E’ tutta cosa di fanti. Non c’era nulla di casuale, tanto meno di festoso, in tutto quanto è successo fuori da quello stadio. La sensazione è che anche il calcio c’entri poco. C’era premeditazione, c’era odio e c’era intimidazione. Forse siamo in presenza di un messaggio di ben altri santi in ben altri paradisi.
Gianni De Felice, su Affari Italiani, teme che c’entri la denuncia del ministro Amato sulla “gigantesca quantità di cocaina” che si consuma in Italia. Sono d’accordo. Il disagio sociale è l’humus, ma c’è chi lo concima. C’è un’inquietante rosario di atti violenti, che fa presa sulla latitanza di senso della legalità e diventa manifesto di avvertimento a quanti pensassero di violare santuari finora forse solo sfiorati.
In tal caso il problema per lo Stato, cioè per tutti noi, diventa veramente grosso. Non c’è sospensione dei campionati che tenga. Qui, veramente, la partita delle intese allargate andrebbe verificata per mettere ognuno di fronte a concrete responsabilità . In un Paese che cresce all’insegna del motto: “Fatta la legge, trovato l’inganno”, sarebbe ora di dire “Basta!” e ricominciare a coltivare il valore del rispetto. Rispetto per gli altri, rispetto per l’ambiente, rispetto per il lavoro, rispetto per i sentimenti, rispetto per le religioni. E rispetto per le forze dell’ordine, per le quali è giusto provare timore, ma è inconcepibile riscontrare odio assassino. Si tratta, in fondo, di ritrovare rispetto per se stessi.
Filippo Raciti ha perso la vita a 38 anni senza sapere perché. Una moglie e due figli sono stati scippati dell’affetto di un padre e di un marito senza una ragione plausibile. Quel sangue non scorra sul marmo. (gelormini@kaytamail.com)
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