26.04.2007
PARTITO DEMOCRATICO: LA SINISTRA “SENTIMENTALE” E QUELLA ALTERANTIVA
Nell’intervento conclusivo dell’ultimo Congresso dei Ds il segretario Fassino, preoccupato per le annunciate diserzioni e per le prevedibili emorragie elettorali, ha affermato debolmente e genericamente che il Partito Democratico «sarà di sinistra». Ma cosa ciò volesse dire lo aveva in anticipo chiarito Walter Veltroni, profeta e leader del nuovo corso, il quale nel suo intervento aveva tra gli applausi proclamato che la sinistra è uno stato d’animo ricorrendo ai seguenti esempi: «sono di sinistra se di fronte ad un anziano solo mi sento anche io più solo. Se un bambino africano muore perché le medicine non arrivano, in quel momento è mio figlio o mio fratello piccolo». Siamo di fronte ad una concezione “sentimentale” della sinistra che sorprende e sconcerta: la sinistra sarebbe un impulso che parte dal cuore ma non matura nella ragione e quindi non prende corpo nella volontà per poi tradursi in precise e concrete scelte politiche.
Un’idea dell’ “essere di sinistra” che non coglie le cause ultime dei mali che affliggono il nostro Paese e l’intero pianeta e che non si pone l’obiettivo del superamento di un sistema che affama la maggior parte dell’umanità , che fa crescere ovunque gli squilibri e le disuguaglianze e che non di rado ricorre alla guerra per consolidare ed estendere il proprio dominio. Ogni persona per bene si sente certamente toccata dai problemi degli anziani abbandonati, dei bimbi che muoiono di fame e delle sofferenze e delle tragedie che segnano il nostro tempo. Questo però certo non basta per essere di sinistra se non si denunciano le origini sociali ed economiche di questi tristi fenomeni, se non si mobilitano le coscienze sulle lotte da intraprendere, se non si mettono a punto gli strumenti d’intervento e se non si sceglie di stare insieme per opporsi a quel capitalismo globalizzante che oggi tenta di liberarsi definitivamente dei limiti e dei controlli che, qualche decennio addietro, lo avevano fatto apparire meno duro e meno vorace.
Ma è possibile tornare oggi al capitalismo in qualche modo “controllato” di ieri? Gli accadimenti degli ultimi decenni e l’attuale scenario mondiale ci dicono chiaramente di no perché il capitalismo di oggi, giunto al culmine della sua espansione ed al massimo del suo dominio, si trova sul punto di precipitare nel baratro delle sue contraddizioni ed ha bisogno, per sopravvivere alla crisi che lo travaglia, di mostrare il suo vero volto, quello del dominio senza confini, dello sfruttamento senza limitazioni e della prevaricazione al riparo da ogni controllo. Ne discende che quando i riformismi accettano “questo” capitalismo senza propugnarne il superamento e pensano di poter apportare ad esso sostanziali correzioni, si votano ad una impresa impossibile quella appunto di dare un volto umano ad un sistema che non è più umanizzabile. La scelta che oggi si impone è perciò quella del rilancio della democrazia per renderla sostanziale, della partecipazione democratica dei cittadini e della capacità di realizzare politiche che, cercando di risolvere al meglio i problemi dell’oggi, immettano progressivamente nel sistema elementi che lo contrastino con l’obiettivo di indebolirlo accellerandone l’inevitabile declino. Ed è proprio questo che vogliono impedire quanti si adoperano nel nostro Paese per mettere fuori gioco la cosiddetta sinistra radicale.
Su questa linea ciò che da noi si dovrebbe fare è avere il coraggio di attuare il programma dell’Unione alla luce della nostra Costituzione che fonda sul lavoro la Repubblica, garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, afferma il principio dell’uguaglianza senza discriminazioni rimuovendo gli ostacoli che di fatto impediscono la partecipazione dei lavoratori alla vita del Paese, ripudia la guerra, impegna le istituzioni a rendere effettivo il diritto al lavoro, tutela la salute come diritto «fondamentale», attribuisce nel campo dell’istruzione un ruolo centrale alle scuole statali, indica un sistema tributario improntato a criteri di progressività , prescrive che la proprietà privata abbia funzione sociale e sia accessibile a tutti e stabilisce che l’iniziativa economica deve essere indirizzata a fini sociali. La sinistra alternativa ha quindi oggi una triplice responsabilità : quella di ricercare l’unità o almeno la fruttuosa convergenza delle sue diverse componenti (comunista, socialista, d’ispirazione cristiana, pacifista, ambientalista), quella di colmare il vuoto lasciato nell’area progressista dallo scioglimento dei DS e quella di mantenere, per quanto possibile, un rapporto positivo col Partito Democratico per assicurare il necessario sostegno all’attuale Governo ed anche per evitare l’omologazione di tale partito all’eterno moderatismo centrista di stampo conservatore.
Brindisi, 25 aprile 2007
Michele DI SCHIENA
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