"Stupisce la solidarieta' che diversi parlamentari calabresi dell'Unione sono oggi andati a portare in carcere al capogruppo regionale Ds calabrese Franco Pacenza, arrestato l'altro ieri per concussione. Stupisce soprattutto per il fatto che lo facciano nonostante il divieto di colloqui imposto dal magistrato inquirente e nonostante l'assenza di qualsiasi specifica autorizzazione al riguardo, posto che anche i parlamentari, senza autorizzazione, non possono effettuare colloqui personali in carcere". Lo afferma in una nota stampa il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, presidente di Italia dei Valori.
"Lo stesso comportamento di sfida e contrapposizione alla giustizia - aggiunge Di Pietro - ebbe a suo tempo, nel lontano 1985, l'onorevole Bettino Craxi quando i magistrati milanesi arrestarono il primo politico di tangentopoli, quel tale Antonio Natali collettore di tangenti per conto di partiti e politici milanesi dell'epoca. Il risultato allora fu che l'inchiesta venne fortemente contrastata e si fermo' perche' nel frattempo Antonio Natali venne candidato e fatto eleggere in Parlamento, acquistando cosi' l'immunita' parlamentare. Sappiamo bene - sottolinea l'ex pm - che la colpevolezza del consigliere regionale Ds Pacenza deve ancora essere provata e che egli deve considerarsi innocente fino ad eventuale sentenza definitiva di condanna. Ma questa e' la sua vicenda personale che, nel rispetto dell'individuo, seguira' il corso della giustizia".
"Cio' che sconcerta - evidenzia Antonio Di Pietro - e' il "messaggio politico" che la "visita corale" dei politici al detenuto comporta. E' un messaggio che va oltre la solidarieta' personale e che equivale a dire "stiamo dalla tua parte", stiamo dalla parte cioe' non della giustizia che ricerca la verita' ma dalla parte di "uno di noi" che viene difeso dagli altri del "gruppo", a prescindere dalla conoscenza specifica degli atti d'accusa. Le conseguenze di questi "attacchi politici" alla magistratura sono gia' sotto gli occhi di tutti: il male per il nostro Paese finiscono per diventare i giudici e chi vuole far rispettare la legge e non chi commette i reati.
Da qui il "passaggio logico" successivo: la legittimazione dal fatidico "colpo di spugna". E' con questa logica - prosegue il ministro - che e' stato possibile arrivare in maniera "indolore" al recente indulto allargato a tutti i fatti di corruzione e a tutti i reati dei furbetti del quartierino.