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L'Alleanza dei valori |
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15.09.2006
Fin dall’infanzia ci viene inculcata l’idea secondo la quale il nemico della civiltà è la barbarie; ovviamente la civiltà è la nostra; la barbarie, di altri. Tale idea autocompiacente, però, non regge: una conoscenza anche sommaria dei fatti ci dimostra come le diverse civiltà si succedano trasmettendo lo stesso messaggio: la vittoriosa si impone sulla vinta. La annichilisce, la sottomette o la fagocita.
Calarci nel passato ci rivela una sovrapposizione di strati. La storia è una stratigrafia. Gli annali delle nostre città mediterranee - Roma, Istanbul, Gerusalemme, Barcellona o Il Cairo - confermano l’osservazione del grande linguista Jurij Lotman: la città è un meccanismo che rivive costantemente il proprio passato in modo praticamente sincronico.
Le civiltà si stanziano sopra una sedimentazione di rovine. Quella attuale ricopre le precedenti, le rinnega o le rifiuta, le interpreta o le comprende. Ai progressi di alcune nell’ambito del pensiero, delle istituzioni del governo, delle lettere e delle arti, segue il profondo regresso imposto dalla forza delle armi. Roma e i barbari, Baghdad e i mongoli. Le rovine del sottosuolo testimoniano uno splendore privo di vita: ci commuovono e illustrano il vae victis. Vengono bruciati anche manoscritti, ma le idee che contengono non scompaiono del tutto. Rimangono sottoterra e, quando le circostanze lo permettono, affiorano di nuovo. La filosofia greca si tramanda attraverso Toledo e risorge durante il Rinascimento.
Dico questo perché non esiste una civiltà, esistono più civiltà in lotta quasi continua. Ai periodi di tregua ne succedono altri di scontro e di conquista. E al prodursi dei grandi progressi scientifici e alla traversata degli oceani, la nostra civiltà europea e cristiana giunge ai confini di un mondo non più piatto, bensì sferico: a continenti e isole remote, alcuni dei quali vulnerabili per la loro struttura sociale rudimentale e altri invece con una più ricca ed elaborata, ma inferiori da un punto di vista militare. Pertanto, la “civiltà” sottomette e schiavizza la cosiddetta barbarie. Milioni di esseri umani subiscono la crudeltà senza limiti del più forte, del padrone che li civilizza con ceppi, catene e fruste. Ma la coscienza di alcuni valori universali, vale a dire non esclusivi della propria civiltà, alimenta la protesta di alcuni: la voce imprecante di Las Casas, la penna determinata del Conrad di Cuore di tenebra.
Quali sono questi valori? Come accedono alla nostra coscienza? Il loro manifestarsi è lento e, come indicò Stefan Zweig, forse risalgono al libello di Castellion contro Calvino quando, dopo la messa al rogo di Miguel Servet dietro suo ordine, li riassunse in una frase: “Uccidere un uomo per difendere un’idea non è difendere un’idea, è uccidere un uomo”.
L’idea di alcuni diritti umani comuni a tutta la specie piuttosto disumana alla quale apparteniamo si fa strada a fatica tra le guerre di religione che rasero al suolo l’Europa, come tuttora radono al suolo il Medio Oriente, diverse zone dell’Africa e il subcontinente indiano. Il lavoro dei filosofi - prima degli averroisti e della nobile stirpe dei pensatori ispano-ebrei; poi di Descartes e Bacon, e infine degli enciclopedisti; mi riferisco soprattutto al mio ammirato Diderot - sfocia nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino della Rivoluzione francese, sebbene il terrore rivoluzionario la ridusse a parole vuote molto prima dell’ascesa e della caduta di Bonaparte e il trionfo assolutistico della ben poco Santa Alleanza.
Riguardare al secolo che ci siamo lasciati alle spalle evidenzia inoltre come le piccole conquiste della ragione siano facilmente spazzate via dalle iniquità dei credo religiosi, l’esaltazione della nazione e del sangue, il totalitarismo ideologico e il fondamentalismo della tecnologia. Nel cuore stesso della nostra civiltà ebbe origine l’orrore dell’olocausto e la realtà dei campi di concentramento nazisti e staliniani. I nomi di Hiroshima e Nagasaki simboleggiano inoltre la barbarie generata dal progresso letale delle nostre conoscenze.
Tutte le civiltà trionfatrici contengono il germe della barbarie che oggi si estende senza limiti di spazio né di tempo, mettendo in pericolo non solo le nostre vite bensì la sopravvivenza del pianeta. I messianismi e gli estremismi ideologici si urtano e si alimentano a vicenda. Solo i valori conquistati con l’impegno negli ultimi secoli, plasmati nella Carta delle Nazioni Unite, possono mettere fine alle disuguaglianze brutali del mondo, agli scontri tra civiltà non necessariamente contrapposte e al terrorismo cieco che si accanisce contro popolazioni innocenti, provenga da dove provenga.
L’Alleanza delle Civiltà proposta dal capo del Governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre del 2004 merita di essere sostenuta da noi che opponiamo la forza della ragione alla ragione della forza. Dato però che quanto si intende come “civiltà” implica il seme della barbarie, preferirei denominarla Alleanza dei Valori: questi valori universali, civici, laici, frutto della resistenza delle menti più lucide, siano della civiltà che siano, al dogmatismo delle identità religiose, nazionali o etniche che oggi come ieri proliferano nel nostro minuscolo e sovrasfruttato pianeta.
Juan Goytisolo
Traduzione di Sara Zagaria per Cani Sciolti
Fonte: EL PAÍS
Tratto da: http://www.canisciolti.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=869
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