19.05.2007
LA ‘ROPTURE’ DI SARKOZY
di Antonio V. Gelormini
Sono gli uomini a far grande un Paese. Da questo punto di vista la Francia, nel corso dei secoli, ne ha avuti tanti. Ognuno di loro ha inciso profondamente nella storia nazionale, ma ha influenzato con forza anche le vicende dell’intero continente europeo, nonché quelle più allargate del più grande contesto internazionale. Nicolas Sarkozy, neo Presidente della Repubblica francese, si candida ad entrare in questo Pantheon della storia transalpina, consapevole delle prove che sarà chiamato ad affrontare e della responsabilità ereditata dai suoi illustri predecessori.
Da par suo, ha cominciato subito a muoversi con rapidità ed efficienza. Si è prefisso di svecchiare la Francia, quindi, con meno formalismi e più concretezza ha già dato il via al suo programma di “rottura”. Europa, Alleanza atlantica, protocollo di Kyoto, Unione del Mediterraneo, mai tanta politica estera era stata al centro del primo discorso di un presidente sulla soglia dell’Eliseo.
La sarkomania è già partita. Le destre (ma anche a sinistra) lo osannano come un modello da seguire. Un po’ dovunque, anche da noi, ci si affanna ad individuare, tra i politici locali, il Sarkozy nazionale. Ma almeno in Italia, checché ne dicano i diversi sponsor di turno, l’impresa si rivela piuttosto ardua e alquanto improbabile.
Ve lo immaginate, da noi, un leader della destra, per quanto moderna possa definirsi, che prima ancora della proclamazione ufficiale dei risultati definitivi, invita al rispetto per l’avversario sconfitto e per quella parte del Paese che non ha ritenuto di votare per il vincitore?
D’altra parte, mentre il nostro centrosinistra è ancora sconvolto dal capolavoro capace di travolgere e dissipare, in un grande e imbarazzante pasticcio, il rapporto con Gino Strada e la sua Emergency, Nicolas Sarkozy, quello vero, nel rispetto anche di quella parte del Paese e coerente col suo disegno di “rottura”, nomina il socialista Bernard Kouchner, fondatore di “Medici senza frontiere”, nientemeno che ministro degli Esteri. La nomina dell’uomo più popolare del Paese diventa, così, la tangibile testimonianza di un’idea nuova della Francia.
Se non bastasse, il giorno stesso della sua incoronazione e prima di partire per la prima visita ufficiale in Germania, celebra la Resistenza. Sì, proprio la Resistenza. Si commuove alla lettura dell’ultima lettera di un ragazzo di 17 anni comunista, prima di essere ucciso dai nazisti, e auspica che quella lettera venga letta ogni anno in tutti i licei della Francia.
Niente male per un leader della destra. Sono i primi segni di un uomo che, nella più alta tradizione francese, ha deciso di lasciare il segno. La chiama “rottura”, ma è pur sempre una rivoluzione. Nel senso più classico del termine. Perché a sognare, oggi, sono in tanti e non più il solo Nicolas Sarkozy.
(gelormini@katamail.com)
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